Il capolavoro dell’ultimo Siculo: le bellissime figure di donne tra Raffaello e lo Spagna

FERENTILLO – Ciò che affascina ci rende orgogliosi di noi stessi; ciò che ci piace ci rende liberi di desiderare tutto quello che ci circonda, ma l’arte ci  fa completi specialmente nel perdersi difronte ad opere di grande bellezza. E questo è il caso delle cinque meravigliose figure di Sante Martiri di Jacopo Siculo che dal 1543 si mostrano sulla parete del nicchione della navata di destra (di chi entra) alla collegiata di Santa Maria a Matterella.
Basti pensare, che l’artista, tra l’altro un siciliano, che le ha realizzate è un raffaellista purissimo che seppe coniugare, a maniera, le linee espressive del Santi e il colore di Giovanni Spagna.
Protagonista della scena in assoluto è lei, Caterina d’Alessandria, titolare tra l’altro della cappella (iscrizione sulla trabeazione della parasta). Caterina, come prima donna, è al centro, alla sua sinistra Barbara, e Apollonia; alla sua destra Agata e Lucia.
Tutte mostrano la palma, e l’ emblema del proprio martirio. Ma andiamo a descrivere singolarmente le cinque meravigliose donne della  cristianità che offrirono il loro sangue per Cristo affrontando nei più disparati modi il più crudele martirio.
Caterina fiera e maestosa, si appoggia sulla ruota dentata, con la mano mostra la palma e con la sinistra sorregge la grande spada. Indossa un abito di bloccato rosso con motivo di giglio fiorentino. Il volto fiero e rotondo, acconciatura classica dell’ epoca con trecce di capelli raccolte in testa e adornata di un cerchietto; la copre un manto rosso avvolgendola  dalle spalle a terra.
Alla sua destra Agata, bellissima, delicatissima, elegante, con la mano sinistra mostra  il vassoio con due seni (simbolo del martirio ), con la destra la palma. Indossa un abito chiaro ed e’ coperta da un manto ocra. Il viso è rivolto verso Lucia alla sua destra. La Santa, protettrice della vista, guarda con dolcezza le altre, mostrando con la sinistra il piattino con gli occhi e con la destra la palma del martirio. Indossa un manto rosso che la copre dalle spalle a terra. Anche qui classica acconciatura raccolta, rifinita da un fermacapelli a cerchietto e un velo trasparente, delicatissimo, quest’ultimo,  presente anche il tutte le altre figure.
Alla sinistra di Caterina, la combattiva Barbara, vestita con una tunica rossa e un manto chiaro. Mostra una torre, e con la testa spostata a sinistra rivolge lo sguardo ad Apollonia, la quale, posta all’ angolo dell’affresco, si mostra in posizione frontale. La protettrice dei dentisti, mostra infatti, con la mano sinistra le pinze stringente un dente, e con la destra la palma. Indossa una tunica plissé,  stretta alla vita e un manto ocra. Tutte seguono una simmetria, tutte hanno la stessa statura, tutte in armonia tra loro sia per il movimento delle mani, che del viso e drappeggio degli abiti.
Tutte, in primo piano come attrici sulla ribalta della scena, sono li a mostrarsi per intercedere grazie presso l’ Onnipotente raffigurato in gloria tra nuvole e teste cherubiche nel sottarco. Un grande affresco, pregno di simbologie, come gli angeli in volo che sorreggono l’ Ostensorio con l’ Eucarestia, angeli riscontrabili similmente a dipinti eseguiti dallo stesso Raffaello.
Tutti i personaggi, come del resto in altri affreschi e pale di altare di questo artista, si mostrano in fogge conformi alla moda dell’ epoca. La composizione, pur nella sua rigida simmetria si colloca infatti in un ambiente realistico sulla linea dei maestri del tardo cinquecento con i sacri personaggi dai volti caratteristici individuali.
Il fondo sembra evocare  il paesaggio umbro  e i suoi laghi, ma la cascata raffigurata  tra Caterina e Barbara e’ senza dubbio quella chiamata “delle due rocche” situata in Sicilia (terra nativa dell’artista) vicino a Corleone. Il nicchione si completa con le candelabre laterali, dove  sulla tabella, a sinistra dell intradosso, si legge la data M.D. XXXXIII die I OCTOBRIS. Andiamo a scoprire l’attribuzione. Il dipinto fu per primo nominato dal Guardabassi per le “CINQUE MERAVIGLIOSE FIGURE DI SANTE”. Nel 1908 sia il Cavalcaselle che il Crowe lo assegnano a Giacomo Santoro da Giuliana detto Jacopo Siculo (Giuliana PA 1490 – Rieti 1543). Dal Brunelli in poi la critica ufficiale lo assegna a Jacopo Siculo; …questo dipinto afferma Scaturro ” MOSTRA INFLUSSI DI RAFFAELLO E DELLO SPAGNA INSIEME”; Bruno Toscano aggiunge ” SAREBBERO INFATTI UNA LIMPIDA PROVA DELLA PROLUNGATA STAGIONE UMBRA”. Il dipinto fu commissionato da Benedetto Florentelli dell’ Abbadia de’ Ferentilli come si evince  da un credito non riscosso dall’ artista  apparso nel testamento del Santoro  redatto a Rieti il 29 dicembre del 1543 per i protocolli del notaio Alessandro Peratti de’ Cavalli.

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