All’inizio del Novecento con l’arte italiana in pieno futurismo affannoso nel dipingere la vorticosa vita moderna alcuni artisti cercano strade diverse e più riflessive come De Chirico che conduce in un’altra dimensione in piazze dove domina il silenzio e l’inconscio, il bolognese Giorgio Morandi che dipinge le sue nature morte in uno stanza che sembra una cella francescana piena di bottiglie e cocci e Felice Casorati bisognoso delle atmosfere e delle solitudini del suo studio per dipingere atmosfere misteriose e malinconiche spingendosi fino ai territori dell’architettura e della scenografia.
Una selezione di opere di quest’ultimo che vanno dalla pittura alla scultura, alla grafica sono esposte in una mostra a Palazzo Reale di Milano. Ferme e mute, dense di pensieri profondi, di domande senza risposte e di mistero mostrano un’arte lontana dal vitalismo futurista perché riteneva che la verità non si trovasse nell’agitazione ma nell’immobilità distante dalle instabili esaltazioni e nel silenzio anche quando Casorati dipinge le “sue uova”, un tema costante reso con poetica plasticità come ne “Le uova sul cassettone” trovando il senso magico nella quotidianità della vita.
E, soprattutto, nelle tante figure femminili, spesso nude, svuotate di ogni vitalità: gusci vuoti persi nei loro pensieri in ambienti spogli e desolati in una dimensione sottolineata spesso da scodelle bianche e vuote che accentuano il senso di inquietudine e solitudine dell’insieme. Mentre tra le opere più suggestive spicca “Annunciazione” nella quale la ricerca del divino cela un’inquietudine profonda che trasforma i soggetti, sebbene reali, in una specie di incomunicabili manichini metafisici che oscillano fra illusione e realtà davanti a uno specchio che non li riflette.
Opere che suggeriscono una ricerca volta alla profondità del reale e a una dimensione umana che genera sospensione inducendo ad accostare l’universo poetico di Felice Casorati carico di sogno e spiritualità alla corrente del “Realismo Magico”. In effetti lo spazio creato da Casorati dalle linee rigorose, colori meditati e figure che si integrano in esso è una sintesi di astrazione e realismo. E nei silenzi e immobilità delle sue composizioni si ritrovano cifre comuni a un movimento che non era solo artistico ma anche letterario, si pensi agli scritti di Massimo Bontempelli, e architettonico se si guarda a certe astratte purezze nelle linee dell’architettura razionalista.
Nonostante ciò il percorso artistico tuttora poco frequentato di Casorati è difficilmente ascrivibile all’interno d’una corrente artistica definita. La sua è un’arte dal sapore classico che nasce solitaria nel silenzio dello studio alla ricerca di valori spaziali e comunicazione emotiva in immagini immobili, magnetiche e suggestive da cui far nascer pensieri profondi sgombri da sovrastrutture come nei ritratti tra silenzio e mistero dei due Gualino.
Persino in quadri considerati tra i suoi capolavori la posa austera e pierfrancescana di Silvana Cenni e quella della ballerina Raja pervasa dal silenzio e dall’immobilità di una “Annunciata” appaiono meno neoquattrocentesche di quanto si pensi ma enigmatiche figure femminili dall’intensa carica espressiva, ieratiche e assorte, di estrema modernità che diventano sfuggenti quando si tenta di incasellarle all’interno di qualche movimento o le si accostano all’opera di qualche maestro diverso da Felice Casorati.
Vanni Capoccia
Casorati, a cura di Giorgina Bertolino Fernando Mazzocca Francesco Poli, fino al 29 giugno 2025, Palazzo Reale, Milano.