PERUGIA – Eros Pagni, 80 anni dei quali 63 trascorsi da attore, sarà con “La tempesta” al Morlacchi dal 22 al 26 gennaio. Lo spettacolo è diretto da Luca De Fusco.
Tra l’altro giovedì 23 gennaio, alle 17.30, sempre al Morlacchi, Eros Pagni e alcuni attori della Compagnia, parteciperanno all’incontro con il pubblico tenuto da Alessandro Tinterri, docente di Storia del Teatro e dello Spettacolo e di Storia e Critica del Cinema dell’Università degli Studi di Perugia.
Nel frattempo abbiamo avuto modo di intervistare per Gruppo Corriere questo poliedrico attore che oltre a parlare dello spettacolo e della sua carriera, offre riflessioni importanti sulla deficitaria politica culturale italiana.
Ha portato in scena più volte Shakespeare ma questa è la prima volta de “La tempesta”.
“A mio giudizio non è uno dei suoi testi più riusciti. E’ il suo addio alla scena. Così il personaggio di Prospero contiene in qualche modo ciò che di grande possiede Shakespeare: la totale conoscenza dell’animo umano. Al punto che oggi Sigmund Freud diventerebbe un allievo di Prospero. Un personaggio per il quale non si può trovare la parola fine; se ne potrebbe discutere per un tempo illimitato senza mai individuare un’unica terapia interpretativa”.
Nelle note di regìa, leggo testualmente: Eros Pagni è un mago chiuso nel suo luogo di studio e riflessione che si trasfigura con giochi di allucinazioni creando un’isola che non c’è. Parole del regista Fusco.
“Tutto è nella mente di Prospero. Tutto si muove magicamente, illusionisticamente. Per questo in scena vedrete che non ha alcun contatto fisico con coloro che lo circondano. Non guarda mai in faccia nessuno. Come se il contorno fosse opera della sua fantasia”.
Il suo abito di scena è molto particolare: elegante, un po’ da illusionista…
“E’ un richiamo alla modernità. Abbiamo i frac, gli smoking ma anche il costume da Re Sole che veste Antonio. Questo perché parliamo di un argomento che non ha tempo. Lo si può collocare nel ‘600 come ai nostri giorni. E’ la grandezza dei classici”.
C’è una frase particolarmente significativa che può avvicinarci, se non svelare, Prospero?
“Siamo fatti della stessa materia di cui sono fatti i sogni. E la nostra minuscola vita è contenuta in un sonno‘”.
Lei è entrato a 17 anni all’Accademia d’Arte drammatica di Roma per evidenti meriti, riceve una borsa di studio. Quanto vale la scuola per chi fa teatro?
“Quella che ho fatto io sì. Avevamo maestri come Segio Tofano, Wanda Capodaglio, Orazio Costa… come quella grande attrice, a molti sconosciuta ma apprezzatissima da Giorgio Strehler, che era Jone Morino. Un’insegnante che aveva il coraggio di dire all’allievo ‘cambia strada, non continuare, è un ambiente che non fa per te’. Di più : avevamo come insegnante di cultura generale Giorgio Bassani. Voglio dire che il bagaglio personale lo si poteva costruire con molto piacere e consapevolezza”.
Come sta la cultura nel nostro Paese?
“Lo sa anche lei. Per i politici non porta denaro. E’ un momento critico per lo stesso teatro. Le grandi produzioni non ci sono più, si lavora con 3 o 4 attori. Nonostante questo il Teatro Nazionale di Napoli con la direzione di Luca De Fusco produce con Genova questa Tempesta dove in scena siamo in sedici. Speriamo si capisca davvero che senza cultura ci si addormenta, si sprofonda nel limbo”.
Lei ha fatto teatro, televisione, cinema e operetta. Mi dà un aggettivo per ciascuno di questi suoi multiformi modi di fare arte?
“Cominciamo da cosa?”.
Direi proprio dall’operetta.
“Lo spettacolo musicale per eccellenza, grandioso. Aveva bisogno di un apporto finanziario notevole. Ad esempio ricordo che ‘Al cavallino bianco’ del grande regista Pippo Crivelli a un certo momento in scena eravamo ottanta persone. Oggi come oggi non sarebbe possibile. La nostra operetta del resto equivale quella che è la commedia americana. Le dirò di più: sono assolutamente convinto che se ci fossero risorse e volontà sufficienti, sarebbero in tanti quelli che assisterebbero a questo tipo di spettacolo. Sono cose che purtroppo abbiamo dimenticato e che fanno parte della nostra storia e del nostro bagaglio culturale. Siamo noti nel mondo per la commedia dell’arte e per il melodramma . Punti di riferimento che non difendiamo. Peccato”.
La televisione?
“Finché c’erano le commedie al venerdì, un’occasione per acculturare questo povero Paese. Poi ha smesso di essere di supporto al nostro teatro di prosa, lo ha dimenticato. Il mondo è cambiato prima con il proliferare di altri canali tv e poi con i nuovi mezzi di comunicazione di massa. Si va avanti, è giusto che sia così, ma come ogni forma di progresso va saputo gestire”.
Cinema. Ha cominciato nel 1966 con La piacevoli notti ed è arrivato a Metti la nonna in freezer del 2018…
“Diciamo che nella carriera di un artista ci sono anche le marchette estive”.
Marchette estive?
“Lavorando in inverno in teatro approfittavo dei momenti di pausa e facevo cinema, così mi pagavo anche le vacanze”.
Profondo Rosso ci ha fatto passare notti insonni.
“In effetti quell’ispettore toscano era matto come un cavallo”.
La sua voce, inconfondibile, riporta anche alla sua carriera di doppiatore.
“So dove vuole arrivare e dunque la precedo: dico Full Metal Jacket. Sono stato scelto tra 400 doppiatori da quel sommo regista che era Stanley Kubrick. Comunque ci ho lasciato i polmoni”.
Foto Fabio Donato