Intervista a Licia Lanera, l’Erinni del teatro contemporaneo domani agli Instabili di Assisi

E’ stata una delle interviste più divertenti, e pertanto impegnative da tradurre in righe,  che ho avuto la possibilità di fare in tanti anni di oneste sbobinature. Licia Lanera, per me, è una delle Erinni del Terzo Millennio. Per la furia che mette nel difendere la passione per il teatro e la sua “famiglia” come il mito greco impone.  L’intervista cade alla vigilia dello spettacolo che domani, 14 novembre, Fulvia Angeletti ha scelto per aprire la Stagione del suo Piccolo Teatro degli Instabili di Assisi. Anche questa, sempre a mio parere, una realtà davvero particolare non solo nel panorama culturale umbro.

Come leggerete, bontà vostra, a un certo punto ci siamo affidati alla domanda solitamente più “ammorbidente” quando emergono ruvidità nella tessitura di una intervista. Risultato non raggiunto. Mi sono detto che era tutto merito dell’intervistata. Questa la domanda: “Ha pur vinto – dico io – un Premio Ubu nel 2014 . Cosa le resta di questo prestigioso riconoscimento?”. Risposta: “Pezzi di vetro assemblati con la colla perché in un momento di rabbia ho preso la prima cosa che avevo per le mani in casa e l’ho buttata in terra frantumandola”.
Capirete da qui che Licia Lanera è artista particolare, un po’ incazzosa, dall’intelligenza vivacissima con le parole che traducono il pensiero alla velocità della luce. In questa fase il livore di Lanera (nomen omen) ha solide basi e per certi versi, per quello che ci riguarda, parecchio condivisibili. Per dirne una: il 4 marzo 2020 lei e la sua Compagnia arrivano ad Assisi per lo spettacolo in programma il giorno dopo al Piccolo Teatro degli Instabili di Assisi di Fulvia Angeletti. Di lì a poche ore sarebbe scattato il lockdown totale. Un anno dopo, domani, “Guarda come nevica 1. Cuore di cane” si riprende lo spazio usurpato dal Covid.


Prima di parlare dello spettacolo, mi dice quanto è stata grande la sua sofferenza da Covid?
“Il lockdown è arrivato per tutti ma il comparto delle arti e dello spettacolo dal vivo è così diversificato che è risultato indifeso per gli aspetti giuridico legali. Covid ha inoltre indotto alla disaffezione per lo spettacolo dal vivo in particolare e del teatro, ingiustificatamente demonizzato come luogo di contagio. E si è preferito l’abbonamento a Netflix. Difficile tornare in tempi brevi a ciò che era prima e ora non è più”.
Che fare?
“Il sistema ministeriale di ripartizione dei contributi si basa su una valutazione quantitativa e non qualitativa. Potrebbe essere un criterio giusto; il problema riguarda, però, spesso l’entità eccessiva dei numeri richiesti e la corsa spasmodica che ne deriva con prolifierazione delle date e dei costi che ciò comporta per avere le credenziali giuste”.
Risultato?
“Sforzi spropositati, al di là della risposta che necessiterebbe rispetto alla domanda, con conseguenze gestionali letali”.
Cosa occorrerebbe fare?
“Pasolini diceva: agli storici spetta il compito di narrare la storia, agli artisti quello di raccontare gli umori che quegli eventi hanno provocato. Per farlo c’è bisogno di tempo, invece ci chiedono numeri. Tutti stiamo arrancando perché a dicembre c’è il bilancio di fine anno. Serve una riforma reale, una anagrafe certa, una valutazione per merito e competenze affidata a chi sa fare queste valutazioni”
Servirebbero alleanze importanti: dialogo con gli Stabili?
“In 15 anni di vita della nostra Compagnia ho riscontrato sporadiche possibilità di contatto. Il teatro contemporaneo, oggettivamente va detto, trova difficoltà ad entrare nel circuito delle Stagioni per la logica stessa degli standard che gli Stabili devono garantire in termini di riscontri e obbiettivi raggiunti”.
Lo Stabile dell’Umbria?
“Ho provato ma non ho mai avuto risposta”.
Veniamo allo spettacolo. “Cuore di cane” è il primo capitolo di una sua trilogia. Ce la illustra?
“Cuore di cane di Bulgakov è il primo capitolo di tre mie drammaturgie ispirate alla letteratura russa con protagonista la neve”.
Lo scopo?
“Rappresentare i vizi della nostra narcisistica società contemporanea denunciando la ripetitività di come questa continua a rappresentare se stessa esclusivamente da un punto di vista estetico”.
Perché gli autori russi e la neve?
“Al di là della indiscutibile grandezza degli autori, mi piace immaginare che ad aiutarli abbiano contribuito il timore del freddo che li ha indotti a stare a casa a scrivere con il supporto derivante dalla vodka”.
I testi scelti?
“Oltre a quello di Bulgakov, ci sono “Il gabbiano” di Anton Cechov e “I sentimenti del maiale” tratto dalle poesie di Vladimir Majakovskij”.
C’è anche la musica nello spettacolo…
“Che ha pari dignità rispetto al testo. Siamo di fatto in due e tutto è nato in maniera assolutamente convergente. Mi sono affidata al compositore di elettronica Tommaso Qzerty Danisi. Lui è davvero un portento.
Si inventa di tutto: persino una sorta di cialda stile Nespresso stratificata capace di emettere onde sonore che si riverberano in maniera unica. Utilizza e fa suonare davvero di tutto, potremmo definirlo un Tony Esposto del Terzo Millennio. La sua musica è efficacissima e in questo spettacolo ‘Cuore di cane’, i suoni sono importantissimi, hanno un fortissimo ruolo evocativo ed emozionale. Al punto che la tensione sonora è stata capace di produrre un momentaneo malore a una spettatrice in quel di Catania”.
Quanto è importante la musica per lei e per i suoi spettacoli?
“Cantare è una mia vocazione assieme alla sperimentazione che faccio in quelli che chiamo ‘gli abissi delle corde vocali’: nella trilogia sono per l’esattezza prima il cane, poi l’uomo, poi la donna”.
Lei ha vinto il Premio Ubu 2014 (cfr. inizio articolo) . Al di là del simulacro mandato improvvidamente in frantumi, cosa le resta dell’Ubu?
“Il rammarico che fosse di vetro, visto che poi l’hanno fatto di metallo: si sarebbe salvato. Su tutto conserverò per sempre gli occhi di Luca Ronconi che mi guardavano mentre me lo davano. Quel ricordo mi riporta a una delle mie esperienze più importanti; alla mia ‘ Celestina’ che ho fatto con Ronconi di cui conservo il senso di un incontro folgorante. Gli devo molte cose”.
Tra bisogni biologici e politici quali, ora, vincono in lei?
“I biologici. Quasi naturalistici in contrapposizione alla mia regressione animalesca. Il tutto viene bene per questo spettacolo”.

 

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