Intervista a Roberto Ciufoli stasera a Trevi con lo spettacolo "Tipi"

TREVI – Sarà interessante vedere che tipi sono quelli che Roberto Ciufoli metterà in scena nel suo spettacolo di stasera, venerdì 7 agosto, per la rassegna “Teatro con vista, risate d’autore”, curata da Fontemaggiore insieme al Comune di Trevi, nella bellissima Villa Fabri. Lo dico a ragion veduta dopo le risposte che ci ha dato a questa intervista per Gruppo Corriere nella quale l’attore, regista e autore spazia su più fronti: da quelli legati allo spettacolo e al teatro post Covid, alle misure legislative che la categoria degli artisti merita per ottenere la giusta dignità, fino a parlarci del suo passato per entrare nel presente per descriverci questa sua messinscena, “Tipi”, appunto.

La ripartenza post Covid?

“Presunta tale. Se con questo si intende la prosecuzione di ciò che è stato sospeso posso essere d’accordo. In realtà dobbiamo parlare di un sostanziale fallimento”.

Fallimento perché e dovuto a chi?

“Premessa la oggettiva complessità di gestione che ha comportato la pandemia, di fatto abbiamo assistito alla totale latitanza a livello governativo di una politica adeguata e consapevole delle diversificate realtà ed esigenze della cultura a livello governativo. Nelle periodiche confererenze stampa sull’Italia che si preparava a ‘riaprire’ si è parlato di tutto, dagli ombrelloni ai parrucchieri con il rispetto, intendiamoci, che meritano, perché chi governa è convinto che questa sia l’economia reale”.

Perché passano i governi ma resta la convinzione che la cultura non dà da mangiare?

“Se si dovessero fermare in questo Paese lo spettacolo dal vivo piuttosto che le mostre d’arte, le conferenze e la cultura in generale, non si impoverirebbe soltanto un settore professionale ma l’intera società che si dimostrerebbe povera di contenuti, valori, attrattività”.

Direzione pericolosa. Perché allora, imboccare questo vicolo cieco?

“Due le strade: o per inettitudine o per straordinaria genialità criminale”.

Tra le due?

“Non vedo menti all’altezza della seconda, propendo per la prima ipotesi”.

Incompetenza più che malafede?

“Per quello che vedo, credo che chi si occupa di cultura non ne comprenda fino in fondo la complessità, la molteplicità, le diverse necessità”.

Mi fa un esempio?

“Contributi al teatro. Una cosa sono i dipendenti, altra le Compagnie che possono rientrare nella programmazione. Una cosa sono gli enti che possono contare sui contributi dello Stato, delle Regioni, dei Comuni e quant’altro, altra cosa sono i privati”.

Gli Stabili che contributo potrebbero dare?

“Prendo l’esempio del Carignano di Torino: per la prima volta ha varato una coraggiosa stagione estiva. Tanto di cappello. Il problema è che non dovrebbe essere un esempio isolato dal momento che gli Stabili, proprio in questa fase e per la loro funzione, dovrebbero investire piuttosto che guardare ai singoli bilanci”.

I teatri privati?

“A Roma è un dramma. Per il resto, a quanto vedo, si cerca di sopravvivere con  spettacoli all’aperto. A ottobre, novembre… che accadrà?”.

La cultura in Italia ha più bisogno di sostegno o dignità?

“Le rispondo con un esempio. Di recente ho fatto uno spettacolo ad Alessandria. Al termine due signore, a distanza di pochi minuti l’una dall’altra, mi hanno detto cose che mi hanno commosso. La prima: ‘E’ morta mia madre il primo aprile scorso, sono riuscita grazie a lei a ritrovare il piacere di sorridere’. E l’altra: ‘Grazie, stasera ho trovato la ricarica che mi ci voleva’. Del nostro ruolo siamo consapevoli, lo è anche gran parte del Paese. Il punto è che questo riconoscimento deve essere, finalmente, legislativo”.

Veniamo al suo spettacolo antropologico: che tipi sono i suoi tipi?

“Archetipi umani: dallo sportivo all’eroe, dall’innamorato all’indeciso. A ciascuno di essi ho abbinato un monologo, una poesia, una canzone. Nelle miei intenzioni sono comici, divertenti, interessanti”.

L’eroe, per dire, com’è?

“Vado da Ulisse ai personaggi della Marvel”.

C’è anche lo shakespeariano “essere o non essere”.

“Sì, ma il teschio è particolare”.

Si diverte in scena?

“Tanto”.

Tipi e tipizzazioni. Con chi è più severo e con chi indulgente?

“Osservo con occhio umano i miei simili e, oltre alle parole che possono descriverli, leggo il linguaggio del corpo che rivela stati d’animo, modi di essere e sensazioni interessanti”.

Suggerimenti alla platea?

“Osservarsi e riconoscersi con sincerità”.

Una riflessione per ciascuna delle sue espressioni artistiche: iniziamo con la televisione.

“Possibilità e potenzialità importanti. Però siamo partiti dal suo utilizzo per alfabetizzare una nazione a format tipo Temptation Island. Per me vuol dire che forse, nel frattempo, ci siamo distratti”.

Cinema.

“Purtroppo poco. Ne avrei voluto fare molto di più. E’ il ‘ gioco lungo della recitazione’ con scene che solo apparentemente si possono ripetere”.

Teatro.

“La mamma che è una sola e non la trovi on line”.

Il doppiaggio.

“Divertente, difficile. In compenso non ti devi preoccupare dove mettere le mani”.

Cosa resta della storica “Allegra Brigata”?

“Gioventù, avventura meravigliosa, determinazione nella direzione da prendere in maniera assolutamente autodidatta”.

La Premiata Ditta?

“Una conseguenza. Anni belli anche della tv”.

2004: Don Matteo.

“Un oratorio, una famiglia, divertimento e il ritorno in Umbria dopo il mio Corso ufficiali a Foligno. Indimenticabile”.

Calcio: la sua Roma?

“Peccato, lei fino ad ora era stato gradevole e simpatico”.

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