Kamasi Washington ha offerto ieri sera all’arena uno spettacolo da brividi: un incrocio tra tradizione jazz e moderna contaminazione sonora. L’atmosfera era elettrica sin dall’apertura, con Candy Dulfer e Shelby J. che hanno scaldato la platea con un funk un po’ ruffiano. Quando Kamasi e la sua band sono saliti sul palco, il pubblico è esploso in un applauso che ha risuonato per minuti.
Street Fighter Mas, Lesanu, Asha the First, Love (con Ami Taf Ra, voce femminile), Road to Self (KO), Vi lua vi sol, Prologue, sono i brani tratti dall’l’energia di “Fearless Movement” diffusa in ogni nota, il risultato finale è stato un dialogo continuo tra sax, ritmi ipnotici, groove elettronico e coraggio creativo. Kamasi non è una supernova solista, ma un condottiero della sua band. Ha dato spazio a ogni membro, permettendo a sax soprano, tromba, tastiere, percussioni e persino ai dj-set di emergere – scelta che regala dinamismo e sorpresa tipici del suo stile. Influenze soul, P‑funk, hip‑hop e scie elettroniche e i suoni d’autotune, scratch e synth hanno sorpreso i puristi, ma ciò che ne è scaturito è sicuramente degno di nota. Il pubblico è stato coinvolto in onde emotive intense: passaggi collettivi vorticosi, lunghi assoli colorati alla Coltrane, crescendo ritmici sospesi nell’aria – l’ideale mix tra libertà free e struttura ritmica solida. Washington è energia pura sul palco, guida umile e visionario leader che fa sentire tutti parte del viaggio con momenti psichedelici (“Road to Self”), passaggi spirituali e pieni di groove: tensione e rilascio, intensità e respiro: ogni pezzo respirava in modo organico e coinvolgente. Un set lungo circa un’ora e mezza, intenso, gioioso, psichedelico: uno spettacolo che sposta il jazz fuori dai suoi confini tradizionali, regalandoci suoni che vanno oltre: una festa del suono, una celebrazione del movimento, una dichiarazione d’amore alla musica.