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Le donne di Narni raccontate nell’antologia “Narni + Donne/ Storie di vita e di lavoro”

NARNI – “Dare forma al silenzio” così scriveva Anna Rossi-Doria, una delle prime storiche femministe.

L’anno scorso, a ridosso del lockdown, era uscito un lavoro pionieristico: la prima guida di genere interamente dedicata alle donne della Città di Narni. Non solo quelle più note, come la Beata Lucia, ma le tante donne che hanno fatto la storia di questo centro. Operaie, maestre, levatrici, imprenditrici di oggi e di ieri. “A differenza delle guide tradizionali che sono attente ai grandi personaggi storici e quindi maschili, noi abbiamo cercato di riconoscere nella Città, la presenza femminile” ci dice Carla Arconte, la storica che ha curato il lavoro insieme a Mirella Pioli, dipendente del Comune di Narni presso l’Ufficio Pari Opportunità. Da anni infatti il Comune di Narni porta avanti un’importante ricerca sulla storia di genere iniziato con lo studio sul brefotrofio per poi espandersi in altri ambiti del lavoro delle donne.

Quel volume che è stato accolto con grande entusiasmo, ha restituito alla luce e alla memoria, storie femminili che meritavano di essere raccontate. Ma è stato fin da subito evidente che c’era ancora tanto da indagare e scoprire. Così la squadra di Arconte e Pioli, tutta al femminile, si è rimessa subito al lavoro, in piena pandemia, superando i limiti imposti dalle distanze. Ne è scaturito un nuovo volume “Narni + Donne/ Storie di vita e di lavoro”, diverso dal primo ma altrettanto ricco e intenso. “Volevamo creare una sorta di antologia femminile. Donne che lavorano e che fanno la Città.” Il lavoro, è sempre il filo conduttore della ricerca “perché le donne hanno sempre lavorato anche se il loro lavoro è stato raccontato molto poco. Il lavoro femminile, poco raccontato e poco conosciuto, è fondamentale. Non soltanto quello produttivo, ma anche tutto il lavoro di cura, quello non retribuito, sul quale si reggono le famiglie e la società. Un lavoro ai margini, ma i margini sono importanti perché è lì che si incontra la realtà.”

 

Venticinque le interviste raccolte. “Quello che è emerso è una grande varietà di lavori, alcuni più tradizionali e altri lavori nuovi. La commessa del negozio, la farmacista, l’imprenditrice agricola, la consulente informatica, le fotografe.” Oltre alle interviste c’è la ricerca di Silvia Pei, una studentessa che ha potuto lavorare nell’archivio storico del Comune di Narni, dove ha raccolto la documentazione sulla presenza storica delle levatrici a Narni a partire dall’unità d’Italia. Delle 25 interviste, ben tre infatti sono di levatrici. Quello di Narni è un caso storico molto particolare, anche per la presenza del brefotrofio, che procurava un’economia importante per il Comune. “Il brefotrofio investiva molto nel territorio, perché le bambine e i bambini accolti venivano affidati il più possibile a nutrici nel contado, che per questo servizio ricevevano un compenso. Spesso le balie erano le stesse madri che potevano riprendere i figli con l’impegno di riconoscerli e di legittimarli entro tre anni.”

L’ultima parte è costituita dalle testimonianze di due Premi: quello che il Comune per diversi anni ha assegnato alle donne imprenditrici e il Premio Mimosa, tuttora attivo. “Rispetto al primo volume, questa volta siamo uscite da Narni centro storico e abbiamo dato molto spazio a Narni Scalo e anche alle frazioni.”

“Dare visibilità a queste esperienze, per far sì che chi legge possa confrontarcisi. Per ricreare comunità, in maniera più consapevole. Per far uscire fuori le donne dall’invisibilità.” Per restituire una testimonianza del femminile e di tutto ciò che ruota intorno a questo universo spesso poco raccontato: relazioni, lavoro, storie. Interviste, brevi biografie e tante, tantissime foto degli archivi personali. Quello che ne risulta è un lavoro emozionante, ricco e estremamente curato. Qualcosa di cui ignoravamo ce ne fosse così profondamente bisogno.

Sara Costanzi

 

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