Le "marachelle" del genio della bossanova Joao Gilberto a Umbria Jazz

PERUGIA – I brasiliani lo hanno spiegato in mille modi diversi: non esiste un corrispettivo negli altri idiomi per definire la saudade che non è nostalgia, non è ricordo, non è malinconia, ma forse tutto questo messo insieme. Forse il termine che in italiano più è affine alla saudade è l’assenza, intendendo per essa una distanza fra il proprio Io e l’oggetto del desiderio, sia esso un amore, una landa, una situazione, una circostanza, una fantasia. Con la scomparsa di Joao Gilberto questa saudade, questa assenza si fa vuoto, un vuoto incolmabile che porta con sé i paradigmi di un genere che lui per primo annunciò al mondo negli anni Cinquanta, quell’atto sincretico tra diverse culture che univa il mood più malinconico del blues e del jazz, all’allegria e alla scansione ritmica del samba. Una magia che stregò il mondo e che lascia veri e propri capolavori entrati di diritto a far parte della grande storia della musica popolare. Da ieri, giorno della sua scomparsa a Rio de Janeiro, all’età di 88 anni, su Joao Gilberto è già stato detto tutto: dell’ascesa al successo, del suo “retiro” a New York quando il Brasile era sotto il giogo dei colonnelli, del tradimento di sua moglie Astrud con quello che ai tempi era il suo miglior amico e partner artistico, Stan Getz, della sua triste vicenda che a causa di una cruenta lotta tra parenti per la sua eredità, lo ha visto morire in miseria. Ma qui ci piace ricordare quanto Joao Gilberto che pure Perugia e Umbria Jazz hanno rubricato nel cassetto dei ricordi con il concerto del 1996 al teatro Morlacchi da cui scaturì un album live, sia stato un artista libero da ogni costrizione e da ogni regola. In un concetto d’arte che travalica persino la professionalità e i canoni che stabiliscono una relazione precostituita tra il musicista e il suo pubblico, solo ai grandi artisti si perdonano stravaganze, superstizioni, abitudini bislacche di cui la vita artistica di Joao Gilberto è costellata. Tanto per non spostarsi molto lontani e rimanere nel solco di Umbria Jazz e delle sue “leggende”, Joao Gilberto è ospite ad Umbria Jazz 1996, arriva a Perugia e si fa comprare un materasso nuovo dormendo ininterrottamente per due giorni e due notti in albergo creando falsi allarmi nell’organizzazione. Durante il concerto ai Giardini del Frontone comincia a lamentarsi del vento, che gli secca la gola portandogli agli occhi il fumo delle sigarette. Nel 2003, sette più anni più tardi e in occasione del trentennale di Umbria Jazz, Joao Gilberto torna a Perugia per una serie di concerti, tre ininterrotti, il 15, 16 e 17 luglio, al Morlacchi nel corso del Round Midnight. Fu un’attesa infinita per i numerosissimi fan che accorsero per ascoltare “O Mito” che dovettero aspettare ore e ore rispetto all’inizio previsto dei concerti, a mezzanotte, per dare tempo al maestro che arrivasse l’ispirazione giusta per suonare. Senza contare le date annullate ad Umbria Jazz Winter ad Orvieto nel 2009 in occasione del cinquantennale della bossanova. Tre appuntamenti cancellati il 2, 3 e 4 gennaio a causa di un’ernia inguinale – era scritto nel certificato medico -. Lo stesso certificato, quasi del tutto identico, che un anno più tardi presentò a Barcellona alla vigilia di un concerto.  Sta di fatto che con Joao Gilberto la musica e in particolare la musica brasiliana perde uno dei suoi geni assoluti.

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