Le terre dei Ciarlatani

CERRETO DI SPOLETO – All’alba del Rinascimento Italiano l’umanista illuminato Vespasiano da Bisticci, tesoriere dell’umanesimo fiorentino e stretto collaboratore del mecenate Cosimo de Medici,  consegnò ai dizionari dell’Italia rinascimentale il termine “ciarlatano”, combinazione lessicale dell’espressione “ciarla” (chiacchiera) e “cerretano”, ovvero abitante di Cerreto di Spoleto, perla preziosa della Valnerina. L’etimologia del termine ciarlatano, elemento identitario dalla forte connotazione etno-antropologica, da un lato identifica universalmente lo spazio da cui ha origine conservandone memoria storica e costumi e dall’altro celebra la stretta convivenza tra teatro e ciarlataneria, intesa come arte di intrattenere il pubblico ricorrendo alla meraviglia, allo stupore, al gioco, alla magia.
Dalle pagine satiriche del “Novellino” di Masuccio Salernitano, al secolo Tommaso Guardati, alla rivisitazione in chiave antropologica dell’urbinate Teseo Pini passando per La Mandragola di Macchiavelli la figura del ciarlatano assume la connotazione di individuo che esercita pratiche da guaritore ed imbonitore allo scopo di ottenere denaro attraverso false promesse. La nascita del termine “ciarlatano” va però ricondotta all’interno di una cornice storica particolarmente sofferta, quella dell’ Europa pestilente del XIV secolo. In uno scenario di terribile devastazione gli abitanti di Cerreto di Spoleto tentarono ripristinare i presidi strategici del territorio attraverso un’instancabile azione di divulgazione che assunse i contorni di una vera e propria elemosina. Ben presto, però, l’encomiabile predicazione dei Cerretani,  degenerò in  condotte ingannevoli e raggiri ai quali si deve la connotazione fortemente dispregiativa assunta dal termine “ciarlatano” a partire dal XV secolo.
Ben presto le Istituzioni Religiose che avevano incentivato la diffusione della divulgazione condotta dai cerretani, ai quali avevano affidato la vendita delle indulgenze, intimorite dalla deriva che la propaganda aveva assunto, tentarono di liberarsi dalla paternità del costume cerretano, riconducendo l’etimologia di questo termine al culto pagano della dea Cerere. In altri casi l’etimo venne forzatamente ricondotto all’espressione bizantino Keratas, ovvero mascalzone, nel tentativo di condurre verso l’Oriente Musulmano le origini di atteggiamenti che nulla avevano a che vedere con la virtù teologale della carità.
Persa nei meandri della storia, la figura del “cerretano” viene annualmente celebrata da una manifestazione di grande interesse antropologico e culturale, il Festival del Ciarlatano, evento che diventa enciclopedia popolare e palcoscenico di costumi e tradizioni in cui rivive un personaggio singolare le cui vicende, nel Medioevo, hanno gettato le fondamenta per una “professione” destinata ad arrivare fino ai nostri giorni. Istituito e progettato dal Cedrav il Museo del Ciarlatano, antenna dell’Ecomuseo della Dorsale Appenninica Umbra , offre nella suggestiva cornice del Complesso di San Nicola, ex insediamento monastico agostiniano di origine romanica, spazi laboratoriali ed espositivi che illustrano la figura del ciarlatano con rielaborazioni e riesposizioni teatrali che aprono una finestra su un mondo in cui arte, cultura, tradizioni e costumi tracciano profili di viandante imbonitori che il vocabolario della Crusca non tardò a definire come “coloro che per le piazze spacciano unguenti, o altre medicine, cavano i denti e fanno giochi di mano e con varie finzioni andavan facendo denaro”.
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Riccardo Regi: Direttore di Vivo Umbria, Perugino, laureato in Lettere, giornalista professionista dal 1990, vice direttore dei Corrieri Umbria, Arezzo, Siena, Viterbo, Rieti per 18 anni.