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L’intimità dello studio di Giorgio Morandi negli scatti di Gianni Berengo Gardin

PERUGIA – “Prima pensa, poi scatta!”. “Non c’è niente di peggio di un’immagine nitida di un concetto sfuocato”. Vedere non è abbastanza; devi sentire ciò che fotografi”. (Gianni Berengo Gardin)

Fino al 28 settembre la Galleria Nazionale dell’Umbria ospita, nello spazio Camera Oscura dedicato alla fotografia, una mostra unica nel suo genere: “Gianni Berengo Gardin fotografa lo studio di Giorgio Morandi”, a cura di Alessandra Mauro.

Un’esperienza immersiva – per fotografi e amatori – che offre una selezione di scatti realizzati da Berengo Gardin nel 1993, quando venne chiamato a documentare l’atelier del grande pittore emiliano, Giorgio Morandi in occasione dell’apertura del Museo Morandi, a Palazzo d’Accursio a Bologna. Giorgio Morandi (Bologna 1890–1964), tra i maggiori artisti italiani del Novecento, ha vissuto e lavorato a Bologna, dedicandosi quasi esclusivamente alle nature morte e a paesaggi intimi. Dopo la formazione all’Accademia di Belle Arti, entrò in contatto con le avanguardie, ma sviluppò presto uno stile personale, introspettivo e contemplativo, influenzato da Cézanne e dai maestri del Rinascimento.

Berengo Gardin, uno dei più amati fotografi del Novecento, in questo lavoro specifico, ha cercato di cogliere l’essenza del rapporto di Morandi con gli oggetti, evidenziando il rispetto e la cura che il pittore aveva per essi. L’artista, infatti, diceva di avere “molto rispetto per gli oggetti che ho usato almeno una volta”. Questa frase, seppur non pronunciata in relazione alle foto, ben descrive la filosofia di Morandi, che trasformava oggetti umili e ‘casalinghi’, in soggetti di opere d’arte attraverso la ripetizione, lo studio e la contemplazione.

 

 

Le fotografie raccontano la quotidianità del pittore: il cavalletto ancora sporco di polvere, il cappello lasciato sopra una pila di giornali, il materasso dove si sognava d’arte. Tutti gli oggetti, compagni di vita del celebre pittore, vengono fotografati e documentati: i vasi, le bottiglie, le caffettiere, fino alla scoperta di un vero e proprio ripostiglio nascosto dove gli oggetti sembrano vivere ancora, nonostante l’assenza del loro proprietario.

Le fotografie di Berengo Gardin mostrano lo studio di Morandi come un luogo intimo e raccolto, dove gli oggetti, principalmente vasi e bottiglie, diventano protagonisti di una composizione silenziosa e meditativa. La selezione ci fa entrare fin da subito nell’intimità del pittore: stanze adibite a studio e oggetti pronti per essere ritratti, fotografati da ogni angolazione e rigorosamente in bianco e nero. Berengo Gardin ha avuto l’onere e l’onore di immortalare l’atmosfera di un luogo unico e personale, dove si respira arte e cura dei dettagli.

 

 

Grazie a due eccezionali prestiti dal Museo Morandi di Bologna – Giorgio Morandi, Natura morta, 1951, olio su tela; Giorgio Morandi, Natura morta con oggetti bianchi su fondo scuro, 1930, incisione all’acquaforte da matrice di rame – l’esposizione perugina crea un inedito confronto tra le immagini di Berengo Gardin, nel loro impeccabile bianco e nero, e i colori delicatissimi di Morandi, che ha trasformato un’ossessione in pura poesia: la documentazione fotografica diventa evocazione poetica, registrazione puntuale di una pratica artistica fatta di misura e contemplazione. La mostra è realizzata in collaborazione con il Museo Morandi di Bologna, con lo Studio Berengo Gardin di Milano e con il supporto de L’orologio società cooperativa – Business Unit Sistema Museo.

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