Si chiama Lorenzo Collalti la nuova scommessa artistica del Teatro Stabile dell’Umbria che, di solito, questo tipo di sfide le vince viste le nove candidature ai Premi Ubu, Oscar del teatro italiano, con le due produzioni “Chi ha paura di Virginia Woolf?” regia di Antonio Latella candidato tra l’altro come miglior spettacolo dell’anno, e “La Signorina Giulia” riletto da Leonardo Lidi. Lorenzo Collalti si misura con “La madre dei mostri” ispirato ai racconti di Guy de Maupassant di cui cura sia la regia che il progetto drammaturgico.
Lorenzo Collalti ph Gianluca Pantaleo
Da questa intervista, incrociando le dita per lui, le premesse per un lavoro interessante da porre a giudizio della qualificata giuria del premio ideato dal grande Franco Quadri, ci sono tutte.
Che effetto fa avere l’incarico di creare una nuova produzione targata TSU, che mostro ha, stavolta, di fronte a lei?
“Nel caso del Teatro Stabile dell’Umbria il più bello e tragico di tutti. Il direttore Nino Marino mi ha dato praticamente carta bianca che per certi aspetti è la cosa peggiore per un autore. Ti trovi di fronte a una scelta sterminata. È più facile quando ti dicono ‘fai un lavoro su questo’. Hai una direttiva chiara. D’altro canto quando ti senti dire: ‘Cosa vorresti fare? Va bene, proviamo a farlo insieme’, è evidente che rappresenta un pregio incredibile di questo Stabile e di chi lo dirige”.
Perché Guy de Maupassant e perché La madre dei mostri?
“Maupassant osserva la realtà sempre con uno sguardo critico e mai passivo. Per cui tutti i suoi racconti sono narrazioni quotidiane. Episodi di ordinaria amministrazione che lui racconta con straordinaria ironia cercando di scoprire cosa c’è dietro i meccanismi che regolano i comportamenti della società. Fra i racconti ne ho scelti alcuni”.
Scelta basata su quale criterio?
“L’attualità e l’incapacità di prendere la realtà così come appare”.
In scena Michelangelo Dalisi, Caterina Carpio, Luca Carbone, Gabriele Linari, Grazia Capraro ph. Gianluca Pantaleo
Lo spettacolo è diviso in intermezzi e scene. Lo scopo?
“I racconti di Guy de Maupassant si dividono in brevi, mi riferiscono agli articoli di giornali, e più articolati. Ho scelto questo testo in cui il personaggio si sente posseduto da un vampiro. Entra in campo la psiche, quando di psicologia all’epoca poco si sapeva. Lui sente che lentamente e inesorabilmente il pensiero di questo vampiro arriva a distorcere completamente la sua mente. La mia idea è stata quella di prendere questo racconto come filo rosso che ci porta a tutta una serie di altre narrazioni. Da qui la particolare sintassi dello spettacolo”.
Come si dipana scenicamente questo filo rosso all’interno della matassa per orientare lo spettatore?
“Visto che si parla di psiche la premessa è che un testo di questo tipo non puoi normalizzarlo ma cercare di renderlo intellegibile. Il personaggio centrale ha sul palco altri attori, presenti come sue emanazioni, che costruiscono le varie scene che fungono da intermezzi. Ci sono, pertanto, piani recitativi articolati”.
C’è stato un mostro significativo nella sua vita?
“La mostruosità stessa. Ognuno ha un suo vissuto, suoi dolori, sue sfide da affrontare.
Dunque la madre di tutti i mostri è la mostruosità stessa che si compone di una una serie di problematiche che va affrontata con coraggio. La realtà che viviamo ci impone questo. Guy de Maupassant era una figura molto coraggiosa in questo senso: all’inaugurazione della Tour Eiffel lui c’era e disse: mi fa schifo, in mezzo al tripudio generale. Ecco, questo spettacolo vorrebbe indurre interrogativi concreti rispetto ai quali siamo chiamati a rispondere. In questo universo in cui si ha paura di affrontare la mostruosità del nostro tempo e accettiamo di vedere le cose così come ci vengono proposte, con uno sguardo superficiale”.
Cosa molto pericolosa…
“Certamente. Perché il fatto è che quella mostruosità, presto o tardi, esce fuori. Per cui se la affronti potresti trovare una chiave costruttiva. Lo spettacolo vuole stimolare proprio questo aspetto”.
A tournée iniziata, dunque, lei dorme sonni tranquilli…
“Non tantissimo (sorride ndr.) ma tutto rimane dietro le quinte, non deve arrivare al pubblico”.
E’ presto per tracciare bilanci, ma alla fine sarebbe contento se uno dei tanti spettatori le dicesse?
“Questo spettacolo mi ha confuso talmente le idee che alla fine non sapevo se ridere o piangere e mi ha suscitato tante domande su me stesso e su quello che mi circonda. Insomma, sintetizzando: ridere confusamente incuriositi”.
In Umbria la tournée è gia iniziata con il debutto al Teatro Torti Bevagna il 19 novembre, poi lo spettacolo è stato messo in scena al Manini di Narni e all’Accademia Tuoro sul Trasimeno,  il 25  al Mengoni di Magione, allo Spazio ZUT! di Foligno il 27 e 28, al Concordia Marsciano il 29 mentre a dicembre al Cesare Caporali di Panicale l’1, al Don Bosco di Gualdo Tadino il 2, al Teatro della Filarmonica di Corciano il 3 e al Secci di Terni dal 5 al 7 dicembre.
Sul palcoscenico recitano con Michelangelo Dalisi, Caterina Carpio, Luca Carbone, Gabriele Linari e Grazia Capraro. L’allestimento scenico e luci sono a cura dello stesso Lorenzo Collalti; i costumi di Lucia Menegazzo; sound design Dario Felli mentre l’assistente alla regia è Sergio Biagi.