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Luca Ronconi, alle stampe la biografia di un artista infinito

Era una serata estiva alla terrazza del Cinema Lilli di Perugia, ero un ragazzino. Quella sera giornalisti, scrittori e personalità, si davano il cambio sul palco con una serie di letture. Un vecchierello canuto, con soffici capelli bianchi, salì lentamente sul palco, accompagnato da una giovane donna. Si appoggiò sul leggo e cominciò. La sua era una lettura incredibile, capace di squarciare il tempo e di colpirti profondamente dalle prime parole. Mi avvicinai a mio padre e gli chiesi chi fosse quel vecchietto così bravo a leggere, lui mi rispose: “Luca Ronconi”.
Solo dopo, però, ho messo una storia dietro quel nome e quella voce. Di lì a poco il grande regista avrebbe abbandonato il palco della scena-mondo, effimero come quello teatrale. Dopo la sua morte numerosi eventi si sono rapportati con la memoria del grande regista, cominciando un’opera di salvaguardia artistica e di ricerca. In territorio umbro, segnalo le iniziative del “Centro teatrale di Santacristina”  a Gubbio, scuola di alta formazione attoriale creata da Ronconi.

Luca Ronconi durante le prove a Santacristina

Proprio lì, questa estate, Giovanni Agosti, Università statale di Milano, presentava le modalità con cui stava conducendo il lavoro sul libro che ora stringo fra la mani.  Il volume è uscito a fine febbraio di quest’anno edito da Feltrinelli con il titolo: “Luca Ronconi. Prove di autobiografia” (385 pagine, 25 euro).
Agosti riprende alcune testimonianze che Maria Grazia Gregori, sotto il vaglio di Franco Quadri, aveva raccolto negli anni ‘90 dal regista.
Luca Ronconi e Franco Quadri

Il progetto finale della Gregori doveva essere un’autobiografia edita dalla Ubulibri, ma alla fine non se ne fece nulla. Sarà Rossella Santolamazza a riesumare quelle carte dall’Archivio Ronconi di Perugia, poco dopo la sua scomparsa nel 2015. A Roberta Carlotto, erede del Centro teatrale e dell’archivio, il merito di aver consegnato i materiali ad Agosti.
Non era facile far parlare Luca di sé, come egli stesso riconosce descrivendo la sua vita adolescenziale: “Non mi confidavo con nessuno, ero terribilmente riservato. Entrare in sintonia con me era-è-difficile.” Fin da bambino avidissimo di libri, leggeva molto, leggeva di tutto, con qualche preferenza per Ibsen: “Tra gli undici e i dodici anni ho letteralmente divorato tutti i libri di casa. Tra questi ricordo alcuni testi teatrali: Goldoni, per esempio, e gli Spettri e l’Anitra selvatica […] che hanno fatto su di me un’impressione enorme e duratura”.
Foto di scena da “Spettri”

Nessun dubbio su dove lavorare: in teatro. Più difficoltoso, invece, comprendere dove collocarsi all’interno di questo mondo. Studia d’attore presso l’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica e esordisce in “Tre quarti di luna” scritto e diretto da Luigi Squarzina. Nonostante un buon successo nel debutto, non si sente a suo agio nei panni d’attore: “io mi sentivo come Nina nel Gabbiano, infelice a tutti i livelli. Non ero a mio agio in quella parcellizzazione di orari, spostamenti, viaggi, obblighi di comportamenti professionali. […] Credo di aver fatto proprio di tutto per non andare avanti nella carriera dell’attore”. Nel 1963 trova la regia e ci rimane per più di mezzo secolo, portando a casa capolavori, successi e qualche fallimento, di cui scrive: “sono gli spettacoli non riusciti ad alimentare quelli riusciti, mentre quelli riusciti alimentano solo la carriera”.
Ronconi racconta il suo assestarsi nella regia italiana: dalle prime regie al capolavoro dell’“Orlando furioso” nel 1968 presso il Festival di Spoleto, dalla direzione della Biennale Teatro al Laboratorio di Prato.
Dopo i capitoli ordinati cronologicamente, ne percorriamo alcuni divisi per argomenti che danno bene l’idea di tutti gli universi teatrali attraversati da Ronconi (“Il teatro dei greci”, “Brevissime annotazioni sul teatro musicale” ecc.). Particolarmente significativo quello riguardante il barocco, ovvero “quel palcoscenico disarmonico, non rapportato (né rapportabile) alla vita quotidiana”. Molte le pagine giustamente dedicate al modus operandi sul testo, sulla scena e, soprattutto, al rapporto con gli attori. Non si tratta di spiegazioni metodologiche, ma tavole di lavoro, utili ad attori, registi e studiosi. Altro elemento essenziale del volume sono le immagini: foto di scena, pubbliche e private, bozzetti preparatori e manifesti degli spettacoli.
Capitolo dopo capitolo, quindi, si (ri-)scopre il teatro ronconiano, ma per far chiarezza in questo “viatico” sono importantissime le note del curatore Agosti, contenenti schede sugli spettacoli, citazioni integrative da altri libri e approfondimenti su tematiche cogenti. Per questo “Prove di autobiografia” è adatto sia alla lettura che allo studio del teatro infinito di Luca Ronconi.
 

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