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Ma che libertà di opinione è?

PERUGIA – Mi chiedo che libertà d’opinione si difenda, permettendo di dire: “Ah frocio, se te pijo te faccio un culo così!”, come direbbero a Foligno. Non è libertà d’opinione, è grettezza umana e culturale. Perché solo la cultura può salvarci dall’abbrutimento di una società sempre più ricolma di odio, di risentimenti, di vigliaccheria che di volta in volta identifica capri espiatori sempre tra le minoranze e nel netto rifiuto dell’inclusione nel pieno rispetto delle diversità. Eppure gli spettri di un’era ormai passata, ma non lontana, ma anzi in una fase di “riscoperta” diffusa soprattutto in una certa destra xenofoba e razzista che sta rivalutando persino il Nazismo, quella degli omosessuali e dei “diversi” è una vecchia fobia. Con pulsioni di volta in volta incontrollate. Appare persino ridicolo il riferimento alla libertà di opinione in difesa di principi, o presunti tali, risibili. Se si crede così di difendere i cosiddetti “valori” delle famiglie cattoliche, devono sapere queste famiglie, che sono complici seppure indirette, di un certo machismo alimentato da droga, diffuso persino tra i carabinieri, così come i fatti di Piacenza stanno a dimostrare. Un machismo che si trasforma ben più spesso di quanto di possa pensare in violenza palese o latente, la devastante violenza che ha caratterizzato un’altra era della nostra storia recente maturata e sviluppata nelle trame segrete dei burattinai che hanno alimentato la lucida pazzia dei terroristi neri o rossi che siano. Neri come nel caso della strage di Bologna, manovrati da registi occulti, altri pazzi che hanno disseminato morte in nome di un potere occulto che aspirava ad un salto di qualità per immettersi nei gangli dello Stato e poterlo piegare al proprio volere. Ci siamo ancora dentro o ci stiamo ricascando, grazie anche alla completa abdicazione della politica ai voleri del mercato. La totale sconfitta di un’idea liberal socialista della società in nome di un darwinismo politico che emargina ed esclude, crea barriere ed odio, si abbatte sulle minoranze e che anche una certa sinistra, almeno in Umbria, pratica o ha praticato abusando del potere di sostituirsi al rispetto delle regole e delle norme. Svanisce così quel progetto che stabilisce nella politica quel potere di emendamento delle contraddizioni sociali e culturali più evidenti. Così per continuare a gridare “frocio” al gay di passaggio, calpestiamo anche la memoria, il sangue versato da innocenti come Sergio. Secci, era appassionato di teatro, era molto colto, era umanamente quanto di più affabile e gentile esista. E’ morto in quella orrenda strage quel 2 agosto di 40 anni fa. Era nato a Terni e scommetto che in Umbria, tra chi vuole continuare a gridare “frocio”, questo è motivo sufficiente per dire che “è meglio così, un ternano di meno” o chi penserà che era una “zecca” e pertanto ha meritato di morire.

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