TODI – Sono solo canzonette cantava negli anni Ottanta Edoardo Bennato, ma se diventano motivo per fare satira, per ironizzare e prendersi in giro, allora assumono l’aspetto dell’intelligenza che dialoga con il costume, del come siamo e del come eravamo, della migliore memoria collettiva che si rimette in discussione e trova motivo per irridersi. Ieri sera al Nido dell’Aquila, il Todi Festival si è preso un’allegra parentesi, un momento di leggerezza e vivacità inserito nel percorso dedicato in gran parte all’evoluzione del femminile e di alcune figure iconiche della contemporaneità e del recente passato. La parentesi si è materializzata con A ruota libera, lo spettacolo di Max Paiella che, accompagnato da una selezione di brani tratti dal celebre programma radiofonico Il ruggito del coniglio, ha regalato una serata capace di mescolare comicità, musica e riflessioni sottili.
Paiella, da anni voce e volto ironico della satira italiana, ha portato in scena la sua inconfondibile verve, muovendosi con intelligenza fra parodia, canzone d’autore e improvvisazione. E, in fondo che l’ha detto che la Trap non è stata inventata dai monaci trappisti? L’ironia si è fatta strumento di leggerezza, senza mai scadere nella superficialità, offrendo un controcanto giocoso su temi condivisi e immaginifici. Le canzoni nate al microfono del Ruggito del coniglio hanno aggiunto ritmo e riconoscibilità, coinvolgendo un pubblico trasversale che ha riso, cantato e partecipato. L’atmosfera raccolta del Nido dell’Aquila ha contribuito a creare un dialogo intimo fra artista e spettatori, confermando la vocazione del festival a intrecciare momenti di riflessione con parentesi di leggerezza intelligente. Quella di Paiella è stata una performance che ha ricordato come l’arte comica, se ben calibrata, possa inserirsi anche in un contesto culturale più ampio senza tradirne la profondità. Una serata di allegria e complicità che ha arricchito, con un sorriso, il percorso del Todi Festival.
Il Todi Festival dunque ha regalato non solo arte e riflessione, ma anche un sorriso capace di rimanere addosso a lungo. Con Max Paiella sul palco l’atmosfera si è accesa di energia, ritmo e complicità Paiella, ha trascinato il pubblico in un viaggio scanzonato fatto di parodie, canzoni, lampi di satira e improvvisazioni irresistibili, trasformando la platea in un coro partecipe, pronto a ridere, canticchiare e lasciarsi andare. Non era solo cabaret, non era solo musica: era un piccolo atto di leggerezza intelligente, capace di alleggerire senza svuotare, di divertire senza banalizzare. Il risultato? Una serata in cui il pubblico è uscito con la sensazione di aver respirato un’aria diversa, più leggera eppure non meno significativa. Perché ridere, quando è fatto con classe, diventa una forma d’arte. E Paiella lo ha ricordato con la naturalezza di chi, davvero, sa andare “a ruota libera”.
Oltre alla satira, le canzonette, dai Pooh, a Battiato, da Battisti agli stornelli in romanesco, hanno agito da archivio emotivo e culturale. Ogni generazione riconosce sé stessa e il proprio tempo nei motivi che hanno fatto da colonna sonora agli anni giovanili. Riascoltare una canzonetta significa evocare atmosfere, mode, linguaggi e persino gesti quotidiani ormai scomparsi. È un viaggio nella memoria collettiva che permette di rileggere la storia da un’angolazione popolare e meno ufficiale. In definitiva, la canzonetta di Paiella non è solo “musica leggera”: è insieme specchio e lente deformante della società. È satira che diverte e punge, ma è anche un rito di riconoscimento, una chiave per accedere al patrimonio condiviso di un popolo. Nella sua apparente semplicità, riesce a condensare ironia, nostalgia e identità culturale.
Sulla stessa lunghezza d’onda Pierfrancesco Poggi, protagonista assoluto di Cabaret story nella notte del Todi Festival. L’artista, con la consueta verve istrionica, ha intrecciato canzoni e numeri comici, citazioni d’autore e improvvisazioni, costruendo una vera e propria cavalcata attraverso la storia del cabaret italiano ed europeo. La sua voce calda e versatile, capace di passare dall’ironia più tagliente alla malinconia dolceamara, ha dato vita a un mosaico di personaggi e atmosfere, con il filo rosso dell’intelligenza critica e della leggerezza poetica.
La forza dello spettacolo sta nella sua capacità di essere al tempo stesso omaggio e attualizzazione: Poggi non si limita a ricordare i grandi maestri del genere, da Gaber a Jannacci, passando anche per i Beatles, ma li rilegge con una sensibilità moderna, portandoli in dialogo con il presente. Così la mezzanotte nella sala ricavata dal teatro comunale si è trasformata in un viaggio collettivo, dove risate e riflessioni hanno trovato un equilibrio raro.