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“Mimmo Paladino. Antologica”: un dialogo con il contemporaneo diffuso sul territorio

PERUGIA – La mostra “Mimmo Paladino. Antologica” è aperta dall’8 novembre 2025 al 18 gennaio 2026 alla Galleria Nazionale dell’Umbria. Fa parte di un progetto diffuso che coinvolge anche altre sedi umbre: la Rocca Albornoz a Spoleto e Palazzo Ducale a Gubbio. È curata da Costantino D’Orazio e Aurora Roscini Vitali, in collaborazione con l’artista. Ci sono elementi “urbani” di integrazione col territorio: ad esempio un telo‐d’artista, Concerto in Piazza, installato sulla facciata di Palazzo Baldeschi a Perugia, che fa da cornice esterna simbolica alla mostra. Durante il periodo natalizio, saranno realizzate luminarie artistiche ispirate al progetto di Paladino su Corso Vannucci. Il biglietto è unico per le sedi interessate; costa 15 euro per accedere all’intero percorso diffuso (Perugia, Spoleto, Gubbio)

L’idea dell’antologica è quella di offrire un percorso che attraversa decenni di lavoro: dalle sperimentazioni iniziali (anni Settanta) fino alle opere recenti. Nella sezione di Perugia sono presenti non solo dipinti ma anche lavori concettuali, installazioni, rapporto tra forma pittorica e spazio “architettonico” della galleria.

Tra le opere esposte: Silenzioso mi ritiro a dipingere un quadro (1977) è citata come caposaldo della cifra espressiva di Paladino. C’è anche un dialogo con l’arte storica, elemento interessante: Paladino ha reinterpretato il Polittico Guidalotti di Beato Angelico (1447-49), su invito della Galleria, realizzando una versione contemporanea su tavole dorate.

L’allestimento punta molto sul contrasto tra antico e contemporaneo, su interventi che “inseriscano” l’arte moderna nel tessuto storico della città (non solo con la raccolta museale, ma anche con installazioni urbane e luminarie). L’antologica offre un panorama ricco sulla carriera di Paladino, dalle origini sperimentali fino ai lavori recenti; non è un “highlight” leggero, ma un’esplorazione ragionata della sua evoluzione. l’uso del telo su Palazzo Baldeschi, le luminarie natalizie, la collaborazione con enti locali rafforzano il rapporto artista-luogo; non è solo esposizione isolata, ma parte di un progetto urbano culturale. La reinterpretazione del Polittico Guidalotti offre un punto di vista intrigante su come un artista contemporaneo si relazioni con il patrimonio storico-religioso; è un rischio creativo ben percepito. Il fatto che non sia limitata alla sola Galleria di Perugia, ma si estenda su più sedi in Umbria, dimostra volontà di collegamento territoriale e un respiro maggiore rispetto a una mostra singola. Le opere di Paladino hanno una forte carica visiva — la materia, i colori, la combinazione tra segno figurativo e astratto, i simboli ricorrenti (numeri, forme geometriche, versi architettonici) rendono il percorso stimolante sensorialmente. Visitando questa mostra / riflettendo sul progetto, si ha forse  l’impressione che sia un’ottima occasione per riscoprire l’arte contemporanea in Umbria — non come evento isolato, ma come relazione viva con la città, con la storia, con lo spazio pubblico. Mimmo Paladino riesce a “respirare” nella dimensione storica di Perugia, pur restando fedele al suo linguaggio personale, fatto di segni arcaici, simboli enigmatici, texture materiche.

La scelta di proporre un’antologica diffusa, arricchita da interventi fuori dai canonici spazi museali, è coraggiosa e ben riuscita.

Il tema del sacro attraversa in profondità l’intera antologica, come un filo che lega la cultura visiva contemporanea di Paladino alla grande tradizione umbra.
Il punto focale è il confronto con il Beato Angelico: su invito della Galleria, l’artista ha realizzato una reinterpretazione del Polittico Guidalotti (1447-49). Paladino non copia né cita: costruisce un “d’après” spirituale, in cui la tavola dorata diventa spazio mentale, luogo di meditazione sul mistero dell’immagine. Il sacro, per lui, non è dogma ma silenzio abitato dal segno: figure totemiche, croci, simboli numerici e alfabetici che evocano la preghiera senza rappresentarla.
In questo senso, la mostra suggerisce una continuità possibile fra l’arte medievale e quella contemporanea: entrambe cercano, attraverso la forma, una dimensione di trascendenza.

Il cuore della poetica di Paladino è il dialogo fra materia e immagine.
Le opere esposte a Perugia – dalle prime tele degli anni Settanta fino alle installazioni più recenti – mostrano una ricerca incessante sulla fisicità del segno: gesso, sabbia, pigmento, legno, ferro, terracotta, tutti trattati come linguaggi.
Opere come Silenzioso mi ritiro a dipingere un quadro (1977) rivelano la tensione fra gesto pittorico e pensiero concettuale: dipingere come atto meditativo, quasi rituale.
Le superfici diventano luoghi di stratificazione: tracce, cancellazioni, simboli arcaici e numeri che si sovrappongono in un alfabeto della memoria.
Il risultato è una pittura che non rappresenta ma rivela, una materia che pensa e custodisce il tempo.

Uno dei meriti più interessanti dell’antologica è la sua apertura verso la città.
Non si limita agli spazi museali: Paladino trasforma Perugia stessa in parte dell’opera.
Sulla facciata di Palazzo Baldeschi campeggia il grande telo Concerto in Piazza, mentre le luminarie artistiche previste lungo Corso Vannucci durante il periodo natalizio ampliano il dialogo tra arte e vita quotidiana.
L’Umbria diventa così palcoscenico diffuso, con altre tappe a Spoleto e Gubbio: un museo all’aperto, dove antico e contemporaneo convivono.
L’artista non invade ma ascolta lo spazio urbano, inserendo segni che dialogano con la pietra, la storia, la memoria collettiva.

Attraversando le sale della Galleria emerge un sentimento costante di memoria viva.
I motivi ricorrenti – cavalli, volti, maschere, lettere – non appartengono a un tempo preciso: sono archetipi che collegano il passato mitico con la sensibilità presente.
Paladino lavora sulla sospensione del tempo, come se ogni opera fosse un frammento di un racconto più grande, non ancora compiuto.
La sua antologica diventa così una mappa interiore: non cronologica, ma simbolica, in cui l’identità dell’artista si intreccia con quella dei luoghi.

Mimmo Paladino. Antologica è una mostra di radicamento e apertura: radicamento nella cultura umbra e nel dialogo con il sacro; apertura verso la città, la materia, la memoria collettiva. Più che una retrospettiva, è un viaggio nella forma del pensiero, dove ogni opera è un varco fra antico e presente.
Un progetto maturo, poetico e coraggioso, che riconsegna a Perugia l’immagine di una città capace di pensare il contemporaneo attraverso la propria storia.

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