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Mobilitazione in difesa dei murales nelle curve est e sud dello stadio Liberati a Terni

TERNI – Un pugno chiuso che frantuma una svastica. Una colomba che vola sopra un’umanità sofferente. Lacrime, sangue, dolore, ma anche la speranza di un “Chile bien diferente”. Nel pasticciaccio brutto del progetto stadio – clinica ternano, tra le preoccupazioni non sembra di poco conto il destino dei murales presenti da cinquant’anni nelle curve est e sud del Liberati.

 

Era l’11 settembre 1973 quando si infrangeva il sogno di un Cile democratico, libero e socialista incarnato dal presidente Salvator Allende. Il generale Augusto Pinochet prendeva il potere con un colpo di stato militare, instaurando una sanguinosa dittatura durata diciassette anni. All’indomani del golpe, morto Allende, forse suicida per non arrendersi, una Terni solidale e internazionalista accoglieva un gruppo di ragazze e ragazzi cileni in fuga dalla repressione, dalle sparizioni, dalle torture, dalle esecuzioni sommarie. Tra loro, Antonio Arévalo e altri giovanissimi muralisti della “Brigada Pablo Neruda”, un collettivo artistico che aveva sostenuto Allende e la sua Unidad Popular.

Nel 1975, Antonio Arévalo, Claudia Barattini, Patricia Bravo, Rodrigo Càceres e Ximena Guastavino lasciarono una traccia visibile del loro passaggio: quattro opere murarie allo stadio Liberati che raccontavano la dittatura nel loro paese e il valore universale della libertà. “Cile hoy carcel del pueblo, mañana tunba del facismo” (Il Cile oggi carcere del popolo, domani tomba del fascismo) – vergavano. Per Antonio, quello di Terni fu il primo disegno. “Fino a quel momento – dirà – avevo solo colorato quelli tracciati da altri”. Non si trattava, però, di un episodio isolato, ma di un’azione condivisa con un più ampio movimento di “artivisti” che vedeva i muralisti cileni esuli in Europa realizzare opere di denuncia politica e sociale ovunque si trovassero.

“Noi non eravamo artisti, eravamo militanti in esilio, con le valigie sempre pronte per ripartire perché pensavamo che la dittatura finiva domani. Ma l’indomani non ci fu. La tradizione muralistica avviene nel Cile di Salvador Allende, prima e durante il suo governo. Una maniera di parlare al popolo attraverso immagini piene di simbologie: la fabbrica, la scuola, le bandiere, la lotta. Slogan come “El pueblo unido jamas sera vencido” o “Venceremos” nascono allora” – racconta Arèvalo, oggi scrittore, poeta, curatore d’arte contemporanea e promotore culturale.

 

 

Della Brigada Pablo Neruda qualcuno resterà in Italia. Altri, a dittatura finita, faranno la spola tra l’Italia e il Cile, impegnandosi con successo nell’arte, nella cultura, nella politica. È il caso di Claudia Barattini che, in esilio in Umbria con i suoi genitori, tornata in patria sarà direttrice de La Morada Women’s Development, (Casa de la Mujer La Morada), addetta culturale dell’Ambasciata del Cile in Italia, direttrice degli Affari esteri della Fondazione Teatro a Mil, curatrice del padiglione cileno alla Biennale di Venezia, fino a ricoprire in Cile, dal 2014 al 2018, la carica di Ministra della cultura.

Quale futuro per i murales cileni?

Nel tempo, i murales dello stadio di Terni hanno subito intemperie, degrado, restauri maldestri che ne hanno parzialmente cancellato i riferimenti al fascismo, ma sono sempre rimasti lì, incisi nel cemento e nella memoria collettiva, insieme al ponte intitolato a Salvador Allende, agli Inti Illimani che incendiavano gli animi dal palco della Festa dell’Unità alla Passeggiata, alle pizzòle fritte che si sposavano con la chupilca fatta di vino rosso e farina tostata. Non ancora sbrogliata la matassa del progetto stadio-clinica e tuttora incerto il destino della Ternana, comprensibile che la notizia della loro imminente rimozione come primo atto del percorso verso un nuovo stadio abbia suscitato non poche perplessità. Quale sarà il loro futuro? ARCI Terni, Il Pettirosso APS, Sentieri Partigiani, ANPI Terni, CGIL Terni, ASD Gramsci Terni e i gruppi della Curva Est dello stadio Liberati “Vecchio Stampo” e “Brigata Gagarin” lo scorso 29 agosto hanno inviato una segnalazione ufficiale alla Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio dell’Umbria per chiederne la tutela, trattandosi di “un patrimonio culturale e identitario della città, tra i pochi esempi ancora presenti in Italia”.

 

 

“I murales del Liberati non sono semplici decorazioni murarie – dichiarano le associazioni – ma un lascito degli esuli cileni alla nostra città, testimonianza viva di lotta contro la dittatura, solidarietà e accoglienza. La loro perdita o compromissione rappresenterebbe un danno irreparabile dal punto di vista storico, artistico e civile.”

Chiedono, quindi, che la Soprintendenza ne “verifichi l’interesse culturale e li immetta in un regime di tutela; assuma un ruolo diretto di supervisione nelle operazioni di rimozione e restauro; garantisca che le opere siano conservate e ricollocate in sedi adeguate e accessibili alla cittadinanza; promuova la documentazione storica e scientifica del processo”.

Forti preoccupazioni sono state espresse anche dal comitato civico “Salviamo il Liberati” che al progetto stadio-clinica oppone quello di una “ristrutturazione qualificata” del vecchio stadio Liberati. In un messaggio inviato al Comune di Terni e alla Ternana Calcio, il comitato chiede di sospendere ogni intervento “non essendovi ancora alcuna certezza circa la possibilità di realizzazione dell’opera di edificazione dell’ipotizzata nuova struttura, in ragione dell’assenza ad oggi del piano esecutivo, nonché della verosimile sopravvenienza di ricorsi legali preannunciati da vari soggetti, che renderebbe irresponsabile la rimozione dei murales.”

Dello stesso avviso la Segreteria provinciale di Sinistra italiana Terni:

 

“I murales devono restare al loro posto, anzi vanno ripristinati nella loro versione originale, con la scritta “antifascista”. Non si tratta solo di proteggere un’opera artistica, ma di preservare una memoria condivisa, che appartiene non solo alla città di Terni, ma a una più ampia rete di lotte per i diritti umani, la libertà e la democrazia”.

 

Da parte del project manager della Ternana Calcio per il piano stadio-clinica, Sergio Anibaldi, la conferma che il nuovo stadio si farà e che i murales saranno rimossi prima dell’avvio dei lavori allo scopo di preservarli, per poi essere ricollocati nella piazza che sorgerà a ridosso della struttura.

 

 

 

 

Antonio Arévalo

 

Antonio Arévalo è nato a Santiago del Cile nel 1958 e vive in Italia. Nel 1973, militava nella gioventù comunista, giocando al gatto e il topo con la DINA (Dirección de Inteligencia Nacional), la terrificante polizia segreta di Pinochet che faceva sparire gli oppositori. Antonio distribuiva clandestinamente volantini di protesta e, di notte, usciva con la Brigata di pittura muraria per colorare i muri di simboli di rivolta. Scoperto, sfuggì alla cattura rifugiandosi all’ambasciata italiana e da lì fu catapultato dall’altra parte dell’oceano. Roma, Firenze, Madrid e Venezia le città in cui si è compiuta la sua formazione umana, artistica e letteraria. Scrittore, poeta, curatore d’arte e promotore culturale, oggi Antonio Arévalo è considerato uno dei maggiori intellettuali della cultura cilena (e sudamericana) contemporanea. Ha curato importanti mostre di artisti contemporanei internazionali in diversi centri, tra cui la Biennale di Venezia. Dal 2014 al 2018 è stato Addetto culturale del Cile in Italia. Tra le sue raccolte poetiche, in cui spesso alterna la lingua spagnola e quella italiana, si ricordano: Las tierras de nadie (1980); El Luchexilio (1981), Extraño Tipo (1982), Domus Aurea (1985), Mansión de sombras (1990), Domus Aurea 1-2 (1996). Tra i protagonisti di “Santiago, Italia”, documentario di Nanni Moretti focalizzato sul ruolo dell’ambasciata italiana in Cile all’indomani del golpe, Arévalo ha recentemente acquistato la vecchia torre Enel di Sipicciano, nella Tuscia viterbese, facendone la sede del Micro-Museo d’arte contemporanea. All’interno della struttura è visibile l’installazione dell’artista cileno Ivan Navarro che, in un gioco di specchi simile a quello delle famigerate stanze degli interrogatori, moltiplica all’infinito la parola ‘eccidio’.

                                                                                                                                                                                                                                                                Lorella Giulivi

 

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