PERUGIA – E’ ormai da anni, dal lontano 2003, che la programmazione di Umbria Jazz ha subito una profonda trasformazione. Con il trasferimento dai vecchi Giardini del Frontone all’arena Santa Giuliana, si è resa necessaria una inversione di tendenza, sulle orme di quanto ormai accade da anni nei maggiori festival jazz internazionali, da Montreal a Montreux. L’apertura a forme ibridate di musica, crossover complementari al jazz più canonico, è ormai di prassi, così come gli ambiti di riferimento spaziano dal pop più “popular” al rock e a tutte le sue derivazioni. Ma esiste pur sempre un’“anima” cui Umbria Jazz non rinuncia che comunica con un pubblico più “jazz-specific” e che si svolge contestualmente ai grandi appuntamenti dell’arena, al teatro Morlacchi e alla Galleria nazionale dell’Umbria, prestigiosi contesti storico-artistici per un mood più impegnato e raffinato.
Umbria Jazz 19 (dal 12 al 21 luglio) nella dimensione teatrale partirà dall’improvvisa e recente scomparsa di Roy Hargrove insieme al centenario della nascita del leggendario Art Blakey con i suoi Jazz Messenger. Torneranno inoltre musicisti di culto come Dianne Reeves e Charles Lloyd. Ruolo importante avrà il pianoforte, con interpreti del calibro di Uri Caine, Fred Hersch, Kenny Barron e Benny Green. Un ruolo preminente per il pubblico più specifico lo ricoprirà Terence Blanchard con il suo personalissimo hard bop moderno ed equilibrato, senza troppe avventure ma al contrario ben inserito nel solco della classicità e per John Patitucci, tra i migliori contrabbassisti in circolazione, non solo in ambito jazz. Attesa e curiosità per Marquis Hill, trombettista di Chicago in cui convivono brillantemente tecnica e capacità improvvisativa, Joel Ross, sempre di Chicago, star nascente del vibrafono e per il batterista Peter Erskine. Parte importante del programma come ogni anno dedicata al jazz italiano con Enrico Rava, Paolo Fresu, Dado Moroni, Danilo Rea, Fabrizio Bosso, Mauro Ottolini, Giovanni Guidi.
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