Come e perché nella grotta di Monte Cucco Giulia Zeetti porta “Margherita e il Diàntene”

Buio. Silenzio. Il tempo necessario per mettere insieme il testo nel contesto. Ascoltare il proprio respiro, il battito primordiale.
Testo nel contesto. Teatro in grotta, a Monte Cucco, perché lì è nata “Margherita e il Diàntene”, storia originale che l’attrice e cantante perugina Giulia Zeetti metterà in scena il 5 agosto per Green Festival Suoni Controvento con il team delle guide dell’associazione “Tra Montana Guide dell’Appennino”.
Diplomata al Cut di Perugia e alla scuola di perfezionamento “Santa Cristina” di Luca Ronconi, Zeetti ha frequentato il Centro internazionale studi biomeccanica teatrale. Ha lavorato a Corsia Of – Centro di Creazione Contemporanea al  Teatro Stabile dell’Umbria. Coordina, per il Piccolo Teatro degli Instabili di Assisi, anche un corso per bambini dai 6 ai 12 anni nei luoghi del FAI, nel Bosco di San Francesco della città serafica.
A spingerla dentro le viscere della terra una donna: Margherita Mengarini. Che dà il titolo alla messinscena assieme a un essere misterioso, mitologico: Diàntene.
Di questo e altro, come nostra consuetudine, parliamo con Giulia Zeetti.
– Iniziamo dalla sua discesa in grotta?
Questa è la terza volta che ho l’opportunità di scendere in grotta per fare teatro. La prima è stata con la Compagnia teatrale Occhisulmondo, con una performance ispirata a Caino. L’anno scorso l’opportunità mi è stata data da Caterina Fiocchetti che ha curato la regia di uno spettacolo ispirato a Esiodo in cui mi inserivo con degli interventi canori. Quest’anno Suoni Controvento mi ha affidato la regia di questo spettacolo da ambientare nella Grotta di Monte Cucco”.
– Da qui l’ispirazione che l’ha portata a Margherita Mengarini?
Sono partita dal voler raccontare la Grotta e mi sono affidata alle esperienze vissute dalle guide dell’associazione Tra Montana.
– Il testo come è nato?
Ho messo insieme fatti realmente accaduti a scritti di Euro Puletti che conosce benissimo il Cucco al quale non solo ha dedicato studi e ricerche ma anche poesie.
– La vicenda di Margherita Mengarini che ruolo ha nella messinscena?
Margarete Traube Mengarini, Margherita dopo il suo matrimonio con un professore italiano, fu la prima donna a scendere in una grotta nel 1892. Fu la prima donna a laurearsi in scienze naturali in Italia e anche la prima donna a poter visitare la Grotta di Monte Cucco. Coltissima, oltre ad essere una appassionata e esploratrice, fu anche una attivista femminista, protagonista di scritti e lotte in questo senso, ed è un aspetto che mi ha affascinato moltissimo perché anche io mi impegno per l’emancipazione femminile. Alla Mengarini è intitolato uno spazio affascinante della Grotta di Monte Cucco: Sala Margherita, c’è anche una sua iscrizione.
– Mengarini era tedesca, a Monte Cucco come c’è arrivata?
Come dicevo si è sposata con un professore italiano che era anche speleologo e hanno iniziato a viaggiare insieme fino ad approdare in Umbria.
– Diàntene che ruolo ha?
A questa figura realmente esistita ho fatto incontrare in modo molto fantastico questa sorta di satiro, Diàntene, che la leggenda vuole si aggiri tutt’ora nei boschi e a qualche ‘fortunato’ o ‘malcapitato’, a seconda dei casi, lui si mostrerebbe per svelare i segreti del Monte.
– Che aggettivo userebbe per descrivere il suo spettacolo?
Sensoriale. Essendo al mio terzo ingresso in grotta, supportata da Anna Beni, una delle guide, mi sono resa conto che in questo contesto la cosa che funziona di più è il canto. Quindi tutta la parte testuale della messinscena verrà detta prima, lungo il percorso che dal luogo di ritrovo, a Pian di Monte, a Sigillo alle 3 del pomeriggio, ci porterà alle Grotte. Una volta lì, ci sarà spazio solo per le sensazioni e le emozioni da vivere al buio.
– Al buio in grotta?
Sì. Questo è uno elemento assolutamente caratterizzante lo spettacolo. Ogni partecipante sarà dotato di una propria luce, oltre ad avere l’accompagnamento delle guide. Però, a un certo punto, spegneremo tutto e lasceremo lo spettatore completamente immerso nel buio.
– Lo scopo di questo buio totale?
E’ una sensazione unica che ho provato io stessa. Perché di fatto noi, oggi come oggi, il buio non lo viviamo mai. C’è sempre qualcosa di acceso, da qualche parte.
– Cosa si proverà una volta immersi in questo buio totale?
Il buio interiore. Si inizieranno a sentire il respiro, le gocce della grotta, il battito del cuore. Per alcuni può essere anche destabilizzante, si può perdere l’orientamento nei primi attimi ma poi si entra in una dimensione di armonia con se stessi e ciò che percepiamo essere intorno a noi. Faremo sentire il silenzio. Anch’esso assolutamente raro.
– E dopo il buio?
Partirà un canto. Un canto amplificato in maniera naturale e che quindi ha un suono tutto suo. E’ come se la grotta parlasse da sé grazie alle riverberazioni del suono.
– Consigli utili e pratici da dare al pubblico?
Scarpe da trekking o da ginnastica con suola scolpita, pantaloni lunghi, T-shirt di ricambio, felpa pesante e un giacchetto tipo k-way da indossare in grotta, guanti, un piccolo zaino con dentro una merenda e la borraccia con l’acqua.
-E lei, invece, al pubblico cosa chiede?
La voglia di stare in silenzio e di ascoltare. Al di là del primo comprensibile momento di stupore di quando si scende in grotta, poi mi piacerebbe che gli spettatori si lasciassero trasportare e entrassero in una fase di ascolto di se stessi per capire come rispondono agli stimoli che noi daremo assieme al contesto.
Che dire: buona visione, allora, al buio.

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