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“Nove mesi di Roma”: il nuovo libro di racconti brevi di Carlo Favetti

TERNI – ‘Nove mesi di Roma’ è il titolo del nuovo libro di Carlo Favetti edito da TAU che con una serie di racconti brevi, l’ autore ci porta alla scoperta, in età giovanissima, di una Roma degli anni ’80 meravigliosa, tanto da scriverci una serie di racconti travolgenti…. Il volume vede inoltre interventi  nella prefazione di Giulio Cesare Proietti ed Elvira Pensa. Di seguito la presentazione di Francesco Santaniello.

Con questa serie di racconti brevi Carlo Favetti, confermando la sua predilezione per la scrittura autobiografica, rivive e condivide con i suoi lettori un’importante stagione della sua vita: nove mesi durante i quali, giovane carabiniere, ha prestato servizio a Roma. Nove mesi del 1980, un decennio definito “edonistico” e leggendo questi testi comprendiamo quanto lo sia stato sia a livello generale-sociologico sia a livello personale con significativi risvolti nelle vite dei singoli. Un decennio di grande fermento culturale, di ottimismo, contraddistinto dal desiderio di fare e di divertirsi. I nove mesi di Favetti a Roma iniziano nel mese di marzo – e i termini cronologici non sono trascurabili – ovvero la stagione della primavera, della rinascita, dell’amore. Sotto questi auspici si avvia per l’autore il soggiorno nell’Urbe: nove mesi che sono stati per lui una continua scoperta della Città eterna e di sé stesso. Roma, con le sue piazze monumentali, la grandiosa magnificenza delle antichità, l’opulenza barocca della santità fa da sfondo alle vicende di Carlo, dei suoi commilitoni, amici e dei tanti personaggi (che sono altrettanti tipi di umanità) alcuni dei quali famosi o che lo diventeranno, che incontra sulla sua strada. Roma che non è un semplice sfondo scenografico, ma quel “gran teatro del mondo” – come la definì Gian Lorenzo Bernini che contribuì a renderla tale – dove accadono eventi, si fanno incontri, si innescano dinamiche relazionali che fanno la storia del singolo che si intreccia con quella di una nazione. Roma che in determinate ore della giornata è di una “bellezza fatale”  – come scrisse il poeta Giuseppe Ungaretti – con i suoi cieli di un azzurro cristallino che riverbera sul travertino, con i tramonti che accendono i toni dei laterizi, con il ponentino che diffonde il profumo del roseto e dei gelsomini dell’Aventino. Oltre ai panorami mozzafiato visti dalle terrazze o agli scorci urbani che stupiscono ogni animo sensibile, la Città eterna offre tante possibilità di conoscere e incontrare persone che sull’onda del più autentico spirito del “volemose bene” sono pronte a stringere forti amicizie o a condividere intensamente un pezzo di vita, magari solo per una sera o per fugaci momenti. Con uno sguardo retrospettivo, reso più acuto dalla consapevolezza della maturità, l’autore risveglia ricordi, immagini ed emozioni, anche le più intime e personali, per condividerli con i lettori. Sia chiaro, però, che Favetti non propone effimere rappresentazioni di esperienze esistenziali costruite, patinate e diremmo oggi instagrammabili; no! Egli ci racconta un mondo fatto di rapporti più autentici e immediati, non filtrati da chat o schermi. Lo fa con il suo consueto stile narrativo sobrio e coinvolgente, solleticando costantemente la curiosità di chi legge. Da queste pagine emerge l’interesse dell’autore per l’arte in ogni sua forma e rappresentazione, l’amore per il bello, il desiderio della scoperta di nuove possibilità professionali, umane e sentimentali. Piccole e grandi avventure, nelle quali possiamo immedesimarci riconoscendo qualcosa di simile che, forse, abbiamo vissuto anche noi, ma che non sappiamo esprimere. Nel turbinio di incontri e conoscenze, nel caleidoscopio di luoghi e situazioni Carlo Favetti rievoca attraverso la scrittura i ricordi di giornate e notti romane, senza tralasciare disavventure, pericoli, prodezze compiute con l’irripetibile incoscienza della gioventù. Del resto “eravamo ragazzi” come egli stesso scrive in uno dei primi racconti per inquadrare sotto la giusta prospettiva gli eventi narrati e rimarcare la distanza tra l’oggi e quel passato che è il prezioso bagaglio di una vita vissuta intensamente.

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