Palazzo delle Poste di Perugia: intervista a Carlo Trabolotti e Stefano Vicarelli autori del libro "Dal francobollo alla carta bollata"

Cosa potevano fare due colleghi di lavoro, Tribunale di Perugia, accomunati da parecchie passioni che vanno dal collezionismo, alla scrittura fino all’amore per la storia della propria città? Trovare un modo per “sfogarle”. E, nel caso, lasciarne traccia. I due colleghi sono Carlo Trabolotti (che a proposito di passioni è un bravissimo batterista) e Stefano Vicarelli che hanno deciso di mettere su carta la storia del palazzo che li ospita tra fascicoli e faldoni: il Palazzo delle Poste. Il libro si intitola  “Dal francobollo alla carta bollata. Storia di un palazzo che nacque come Posta e divenne Tribunale” (nella foto di copertina).
Carlo Trabolotti: tutti i perché di questo nostro libro 


Che il loro lavoro sia stato prezioso, puntuale, ben argomentato e strutturato,  lo testimonia il fatto che nella ricostruzione storica di Poste Italiane che vi proponiamo in questo Focus, figura in cima alla lista delle fonti utilizzate perché, di fatto, sono stati Trabolotti & Vicarelli i primi a scriverne in maniera strutturata ed organica. Li abbiamo intervistati per un compleanno importante: nel 1910,  (per l’esattezza il 22 aprile), ovvero 110 anni fa ,veniva stilata la convenzione tra il Regio Governo e il Comune di Perugia per la costruzione del palazzo.

Palazzo delle Poste di Perugia
Un’impresa non facile la vostra: una ricerca complessa.
“Il parto in effetti non è stato per niente facile: in pochi, se non in maniera veloce e distratta, avevano dedicato alcune righe a questa costruzione di grandissimo pregio  realizzata proprio in mezzo al centro storico di Perugia”.
Da dove avete iniziato le vostre “indagini”?
“Dagli archivi delle Poste e da quelli comunali che però non ci hanno portato ad alcun risultato. Neppure tra le carte dell’Archivio di Stato e in quelle custodite alla Biblioteca Augusta abbiamo trovato elementi utili e necessari per realizzare questa opera”.
Poche fonti e pochi documenti: cosa avete fatto a questo punto?
“Siamo andati a ricercare tra la cronaca locale dei quotidiani dell’epoca, parliamo del periodo 1910 – 1916, per trovare tutti gli spunti utili a ricreare la genesi del Palazzo”.
Avete fatto anche raccolto testimonianze dirette, porta a porta.
“Sì, attraverso interviste a genitori, parenti e conoscenti di una certa età per cercare nei loro ricordi quei particolari dei saloni e degli uffici postali che negli anni  Settanta del secolo scorso sono stati smantellati e distrutti. Vecchie cartoline e ricerche più accurate degne – sorridono ironicamente – di in archivista accanito”. 
E poi?
“Abbiamo completato l’assemblamento di tutte le informazioni raccolte in mesi e mesi selezionando meticolosamente quelle realmente utili alla realizzazione del progetto: da quel momento le diverse tessere del puzzle sono state posizionate al posto giusto”.
Qualche episodio curioso durante la vostra ricerca?
“Potremmo definirlo piuttosto un colpo di fortuna: proprio in quel periodo di gestazione, il Palazzo delle Poste veniva sottoposto a lavori di restauro che riportarono alla luce alcuni elementi nascosti dai precedenti sciagurati maquillage. Grazie alla collaborazione con l’architetto Fabrizia Fabrizi che dirigeva i lavori, siamo riusciti a raccogliere ulteriori informazioni e a poter fotografare in tranquillità e libertà tutto quanto era possibile”.
E così…eccoci al libro.
“La prima edizione del libro fu presentata nel maggio 2003 e, come spesso accade, chi prima era stato reticente nel fornire notizie e foto si è fatto vivo regalandoci nuovi dati utili a correggere piccole inesattezze e ad ampliare la nostra ricerca”.
L’editore del resto oltre ad essere un professionista serio è anche appassionato delle nostre storie.
“Sì, davvero: grazie all’interesse di Fabio Versiglioni e di Futura Edizioni, siamo riusciti a portare in libreria la seconda edizione, uscita nel gennaio 2017, a ridosso del centenario dell’inaugurazione del Palazzo delle Poste avvenuto il 10 maggio 1916. E’ un’edizione corretta e con nuove immagini e nuovi spunti di ricerca, nata dalla storia di Piazza del Sopramuro, l’attuale Piazza Matteotti, per poi ripercorrere le vicende delle sedi postali nel capoluogo umbro, fino a raccontare la nascita di questo palazzo e di tutti gli artisti ed artigiani che hanno lavorato per la sua realizzazione. Va detto che si è trattato, infatti,  di un evento importante per la città e per la comunità perugina dell’epoca che ha potuto contare sulla presenza di un ufficio postale: non di un semplice sportello, ma di una sede prestigiosa”.
Loro non lo dicono ma sin dalla prima edizione “Dal francobollo alla carta bollata” è stato apprezzato in tutta Italia ma anche fuori dai nostri confini: compresa una biblioteca universitaria in Germania.

 
La storia

Inaugurato l’11 maggio 1916 “senza alcuna cerimonia”  – così ne dà notizia L’Unione Liberale -in considerazione “dell’ora grave che attraversa il Paese”, il nuovo Palazzo Postelegrafico, opera dell’architetto perugino Osvaldo Armanni, apre al pubblico dopo cinque anni di lavori finalizzati non solo alla costruzione del solenne edificio ma anche al “risanamento igienico e al rinnovamento architettonico di piazza Garibaldi”, l’attuale piazza Matteotti.
E’ il 16 aprile 1909 quando il conte Valentini, sindaco della città, incarica l’architetto Armanni “di studiare se nell’area compresa fra la via Mazzini, la piazza Garibaldi, la proprietà Mancini ed il soppresso vicolo detto delle Meretrici” fosse possibile sistemare il Palazzo delle Poste e Telegrafi per una superficie non inferiore a mq 1.400. 
Nella relazione consegnata dall’Armanni nel novembre  dello stesso anno, il  progettista  sottolinea come la costruzione del palazzo offra al Comune la possibilità di un miglioramento della qualità urbana ed edilizia. Riprendendo un progetto dell’ingegner Bellini,  propone di realizzare una nuova strada, l’attuale via Fani, che dalla piazza Garibaldi (attuale Matteotti) assicurasse la visione della porta del Palazzo Comunale e un conveniente prospetto al Palazzo delle Poste . “Tali miglioramenti edilizi” – sottolinea  l’Armanni nel rapporto – “avvantaggeranno anche le condizioni igieniche di quella zona tanto centrale ed attorniata da nobili edifici, ma deturpata da indecenti ed anguste viuzze, offesa all’estetica ed alla igiene”. Economia e funzionalità  sono i principi che guidano il progettare dell’Armanni, attento soprattutto all’elemento tecnico della costruzione e a quello ambientale,  inteso sia come collocazione armonica all’interno del tessuto architettonico urbano, sia come ricorso a materiali reperibili a livello locale. Tecniche costruttive e materiali sono minuziosamente dettagliati nella relazione: (l’edificio) “è progettato in pietra con ricorsi in mattoni. La zona inferiore esterna per un altezza media di circa m. 2,00 è rivestita di pietra da taglio e così per m. 3 gli stipiti, i pilastri e tutta la parte soggetta ad esser più facilmente danneggiata.  I solai sono previsti di travi di ferro e volticelle”.
Considerati il carattere medievale della città  e il prospiciente trecentesco Palazzo di Giustizia,  Armanni  progetta l’edificio in uno stile quattrocentesco decorato con motivi riconducibili al   liberty o floreale – unico esempio in Perugia – da realizzarsi “in istucco e cemento, materiale che ha ormai dato prove sufficienti di solidità”
Così riassume il proprio intento: “Mi proposi quindi, mettendo da parte ogni concetto troppo moderno od esotico, di adottare un tipo decorativo, che, ispirato all’arte che fiorì fra il cadere del medesimo evo ed il sorgere del rinascimento, fosse in pieno accordo col carattere generale della città, si adattasse a tutte le esigenze dell’uso e si prestasse ad una trattazione di sentimento moderno, ad essere cioè, per così dire, modernizzato”.
Il 22 aprile 1910, il Comune di Perugia, rappresentato dal proprio sindaco, conte Luciano Valentini, e il Regio Governo, rappresentato dal ministro delle Poste e dei Telegrafi, S.E. Augusto Ciuffelli, siglano una convenzione “per la costruzione di un palazzo ad uso dei servizi della posta e del telegrafo nella città di Perugia” su un’area di circa 1600 metri quadrati da espropriarsi a cura e spese del Comune e conforme al progetto particolareggiato compilato dall’architetto Osvaldo Armanni. A fronte di un preventivo di 650.000 lire, la spesa complessiva a carico dello Stato viene stabilita in lire 500.000 che lo stesso restituirà al Comune in cinque annualità eguali, comprensive dell’interesse annuo del 4%. 
Nello stesso anno si posa la prima pietra. Nel 1915 – testimoni  gli articoli di cronaca locale –  il palazzo è quasi terminato. Non lo sono invece le critiche che ne hanno accompagnato fin dall’inizio la gestazione e che, per i toni accusatori e beffardi degli articoli pubblicati sui quotidiani dell’opposizione, appaiono  frutto di rivalità politica più che reale dissenso di natura architettonico-artistica. 
L’Unione Liberale del 22-23 maggio 1914 in un ampio ed esaustivo articolo risponde con toni caustici alle polemiche e alle illazioni sollevate dall’opposizione, elogiando l’operato dell’Amministrazione e dell’Armanni anche da un punto di vista economico: “[…]Quanto alle spese, noi dobbiamo anzitutto porgere una parola di meritato encomio al conterraneo ing. Armanni. Crediamo sia esempio più unico che raro quello di un costruttore che riesca a condurre a termine un lavoro non solo mantenendosi nei limiti del preventivo, ma spendendo meno del preventivato. Infatti sui lavori compiuti il risparmio ottenuto dalle oneste e sagaci previsioni dell’ing. Armanni sono di circa  20mila lire. Qual differenza – ci sembra lecito e legittimo il ricordarlo – da quei calcoli di certi poco scrupolosi amministratori democratici, che preventivavano il lavoro di una strada (molto comoda per qualche proprietario di case in quei pressi) per 81mila lire, mentre all’atto pratico veniva a costare 450mila lire (quasi sei volte di più!). E sono precisamente costoro che denunciano i nostri attuali amministratori, di spese inconsiderate e di dilapidazione del pubblico denaro. Il palazzo postelegrafico è compiuto, e le spese non hanno superato quello che il Consiglio deliberava di erogare per esso. Falsa quindi, mendace e diffamatoria la storiella delle 500mila lire regalate al Governo. Rinnovare il centro di Perugia igienicamente e architettonicamente – con un sussidio del Governo di 550mila lire – non vuol dire fare della finanza allegra, disperdere il pubblico denaro, vuol dire fare seriamente gli interessi della città. Del resto non dicevano la stessa cosa gli attuali oppositori, quando di fronte ad un altro progetto, sostenevano calorosamente questo dell’Armanni?  E perché quando i nostri amici accettarono – con le necessarie modificazioni – il progetto da loro difeso, ne divennero oppositori? C’entra forse in questo singolare atteggiamento  contraddittorio, lo spirito settario e la rivalità insoddisfatta degli eterni aspiranti al Comune?”.
Le polemiche non si placano ma l’Amministrazione Comunale, che in quegli anni e con le proprie risorse aveva realizzato numerose e necessarie opere pubbliche – case popolari, scuole, una grande ospedale, acquedotti, collegamenti tra città e frazioni ed altre migliorie -, tira dritto e l’11 maggio 1916, nel rispetto di tempi e preventivi, il Palazzo viene inaugurato. Nel giorno dell’inaugurazione una folla di perugini si riversa “per ore e ore” nei locali nuovi di zecca, “curiosando e ammirando sotto i bei loggiati, nei corridoi, nell’aula centrale, negli offici del telegrafo e dei pacchi, indugiandosi ad osservare e a commentare, con piena soddisfazione, con concorde plauso, con legittimo sentimento d’amor proprio cittadino, l’opera compiuta”.  Gli interni del palazzo sono impreziositi da opere e decorazioni realizzate dai migliori e più noti artisti dell’epoca: dagli affreschi di Annibale Brugnoli (1843 -1915), pittore umbro apprezzato in tutta Italia, col quale collaborò Osvaldo Mazzerioli, specializzato nei paesaggi; agli stucchi, le decorazioni e le sculture, tra cui i suggestivi grifi in pietra caciolfa, realizzati da Giuseppe Frenguelli (1856 -1940), coadiuvato da Enrico Cagianelli (1886-1938) e da sconosciuti quanto valenti intagliatori della pietra; agli elaboratissimi ferri battuti di Paride Rosi fino alle vetrate policrome e al grande velario che sovrastava il salone centrale a pianterreno, frutto del talento di Ludovico Caselli Moretti (1859 -1922), maestro dell’arte vetraria, di cui oggi purtroppo non è rimasta traccia se non nei documenti e nelle immagini d’archivio. Così commenta L’Unione Liberale dell’11 maggio 1916:“… il giudizio unanime riconosceva convinto che il nuovo palazzo postelegrafico concorre a conferire al più bel centro della città, la continuità di un’ampia e solenne linea architettonica atta ad accrescere la dignità edilizia cittadina, cui corrisponde pei locali interni, una vastità e una sontuosità di aule e di ambulacri, di decorazioni e di arredi, come ben pochi uffici delle città d’Italia, anche tra le maggiori possono vantare”.
 
Fonti 
Dal francobollo alla carta bollata. Storia di un palazzo che nacque come Posta e divenne Tribunale. Carlo Trabolotti e Stefano Vicarelli – Benucci Editore, febbraio 2003
L’Unione Liberale,  corriere quotidiano umbro-sabino. Perugia, Cronaca cittadina: 22-23 giugno 1914 e 11 maggio 1916
Atti parlamentari – Camera dei deputati Legislatura XXIII- 1^ sessione- discussioni – 2^tornata del 23 luglio 1910 – 9684-9685
1861 – 1939 L’Architettura della Perugia Postunitaria. Autori Vari. 
Osvaldo Armanni, Simonetta Ciranna p.209. Fabrizio Fabbri Editore, 2013. 
La grande invenzione di Osvaldo Armanni, in “Corriere dell’Umbria”, Paolo Belardi- 6 settembre 2009, p. 18.
Treccani, Dizionario- Biografico. 
www.treccani.it/enciclopedia/osvaldo-armanni_(Dizionario-Biografico)/ www.treccani.it/enciclopedia/annibale-brugnoli_(Dizionario-Biografico)/
Wikipedia https://it.wikipedia.org/wiki/Annibale_Brugnoli
La scheda
Ubicazione: via Mazzini, piazza Matteotti (ex piazza Garibaldi), via Fani 
Superficie: 1520 mq
Inizio lavori: 1910
Inaugurazione: 11 maggio 1916
Progetto: Arch. Osvaldo Armanni 
Sorveglianza dei lavori in rappresentanza del Governo:  ing. cav. De Fonseca, Capo del Genio Civile
Direzione lavori: ing. Picconi
Appalto lavori: impresa Rosi.
Affreschi, sculture, decorazioni, manufatti artistici: Annibale Brugnoli; Osvaldo Mazzerioli; Giuseppe Frenguelli; Enrico Cagianelli; Paride Rosi; Ludovico Caselli Moretti 
Costo: circa 650.000 lire

 

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