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Se streghe e vampiri diventano improvvisamente politicamente corretti

PERUGIA – A Discovery of Witches, su Atlantic (piattaforma Netflix), è una serie fantasy intelligente di produzione britannica, con due stagioni disponibili (uscite nel 2020 e ’21) e la terza annunciata per la quale, però, si dovrà aspettare un po’ (è bene che lo sappiate; come tipico di queste serie la seconda finisce in un momento strategico lasciandovi a bocca asciutta e un po’ arrabbiati, ma la terza e ultima serie arriverà a fine anno o forse addirittura nel ’22).

La serie ha avuto discrete recensioni (non stellari ma buone) e qualche nomination qua e là, e dichiariamo subito che – ammesso che vi piaccia il genere – gli attori sono più che bravi, la regia fa il suo dovere senza strafare, come la fotografia e, in particolare nella seconda stagione, c’è uno sfarzo di costumi e una ricostruzione ambientale assolutamente apprezzabile (non diciamo di più per non farvi perdere il piacere). Tutto abbastanza bene quindi, e perfino la sceneggiatura risulta decente a patto che si chiuda qualche occhio.

Ci spieghiamo: la storia inizia ai nostri giorni assumendo che fra la specie umana, che è ignara del fatto, convivano pacificamente altre tre specie: le streghe (c’è anche qualche stregone maschio, maschilista e antipatico), i vampiri (e vampiresse) e i/le demoni. queste tre specie di creature non umane si disprezzano l’un l’altra, e riescono a restare in pace per una sorta di tregua garantita dalla Congregazione, una specie di Onu delle creature che mantiene la pace e dirime le controversie. Per ragioni che non riveliamo si dipana una storia intricata di potenziali conflitti, alimentati da alcuni torbidi figuri (uno stregone e un vampiro), ma anche una storia d’amore fra la protagonista femminile, una strega, e il suo partner maschile che è invece vampiro di antichissima casata. Ovviamente qui vale il necessario prerequisito richiesto per tutte le storie fantastiche, di fantascienza, fiabesche etc., ovvero: dovete accettare queste premesse, senza fare gli scettici, e lasciarvi andare alla trama; altrimenti guardate un bel film neorealista.

La nostra recensione, a questo punto, rompe almeno un dettaglio rispetto a questa necessaria premessa: ci vanno bene le streghe e i vampiri, ma perché il politicamente corretto deve tracimare anche in innocue serie di secondo livello come questa? Purtroppo a noi accade che l’improvvisa consapevolezza di questa enorme sciocchezza – così è a parer nostro – rovini la magia dell’immersione nella trama, e ci faccia rileggere la sceneggiatura come un’operazione un po’ furbetta e infine stucchevole. Ecco che le creature sono una metafora delle diverse nazionalità e colori della pelle, e l’amore fra la strega e il vampiro una serenata all’amore interrazziale (Giulietta  e Romeo fantasy). E va bene, è pure un bel messaggio, ma quando si capisce che il vampiro proviene da un’antica stirpe di cacciatori di streghe sin dall’epoca tardo medievale (i vampiri vivono moltissime centinaia di anni) che si è resa colpevole di persecuzioni cruente di streghe, poi non capisce come nel giro di poche ore i genitori del protagonista accolgano a braccia aperte la strega promessa nuora, l’appellino come “figlia”, la benedicano e la difendano a spada tratta (in senso letterale) contro altri vampiri ostili (membri della loro specie). Fino all’apice, verso la fine della seconda serie, di una fratellanza fra un gruppo di streghe, di vampiri e di demoni che stigmatizzano tutti, assieme a un’umana che nel frattempo si è aggiunta alla comitiva, il bigottismo della Congregazioni, le norme liberticide imposte (non ci si potrebbe unire fra specie diverse!), e giù di buonismo interetnico in salsa hippie.

Ma poi: perché le due zie della strega protagonista, oltre a essere lesbiche (avete notato che non passa più in tv una serie senza la coppia omosessuale?) sono una bianca e una di colore? Possibile che la rincorsa del “politicamente corretto” sia gestita col bilancino interrazziale, con l’occhio alla diversità di genere, una coccola al mondo Lgbt e chissà, forse nella terza prossima serie, anche un messaggio ecologico?

Intrinsecamente sono tutti messaggi buoni e inclusivi, sia chiaro. Ma francamente: le streghe lesbiche, una bianca e una nera, non sono sopportabili, non sono interessanti, appaiono una forzatura (tutt’altra stoffa, tutt’altro livello, il messaggio Lgbt di un capolavoro come Sense8, dei fratelli Wachowsky, disponibile su Netflix).

Conclusione: qui si aspetta con ansia la terza stagione, che arriverà quando, come sempre, ci saremo completamente dimenticati le prime due e faticheremo a ricordare chi erano e cosa facevano i protagonisti. Tifiamo come matti per la bella strega (Teresa Palmer) il suo fascinoso marito vampiro (Matthew Goode), e speriamo che gli ipocriti, bigotti, razzisti e prepotenti cattivoni della Congregazione facciano la fine che meritano. Perché in fondo abbiamo un animo semplice e ci piacciono i finali zuccherosi, ma accidenti, che noia la political correctness!

Claudio Bezzi

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