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Sino alle origini del jazz nelle Barrelhouse con gli Sticky Bones all'Hotel Giò

PERUGIA  – Quarto affollatissimo appuntamento di Food and Jazz dal vino, la manifestazione che mescola sapientemente e in modo accattivante arte, musica ed enogastronomia, all’Hotel Giò di Perugia.
La serata si è aperta con gli Assaggi d’Arte che hanno visto protagonista Monia Romanelli e le sue opere pittoriche illustrate dal critico Guido Buffoni, per poi proseguire con il momento gastronomico ed infine il concerto degli Sticky Bones dal titolo Goofer Dust Swing.
La formazione, con Mama Ines, voce, kazoo; Emiliano Federici, pianoforte; Floriano Andolfo, chitarra e banjo; Maurizio Capuano, contrabbasso, tuba; e Francesco Marsigliese, cornetta, si è prodotta in una performance trascinante e coinvolgente, con un repertorio originale, appannaggio di pochi nel panorama musicale italiano (tanto da suscitare l’interesse e la collaborazione di Renzo Arbore).

La musica blues e jazz degli Anni ‘20 del Novecento era caratterizzata da tournée di artisti in aree e cittadine del Sud degli Stati Uniti a partire dalla Louisiana, con tappe nelle cosiddette Barrel House, cioè i luoghi “fumosi e trasgressivi” in cui erano presenti i barili di bevande alcoliche, dove si suonava regolarmente un tipo di blues rurale. Presto il termine “barrelhouse” iniziò a designare un tipo di musica, più che il luogo in cui si suonava, diffondendosi progressivamente negli Stati del Sud e successivamente del Nord degli Stati Uniti, dilagando ovunque. Era una musica potente, che non richiedeva una preparazione particolare per essere compresa, e che invogliava al consumo di tutto ciò che era disponibile nei locali.
Il concerto degli Sticky Bones è stata una rara occasione di ascolto che ci ha riportato alle origini di quello che oggi conosciamo come jazz, origini troppo spesso ignorate, ma che che ci restituiscono l’anima e l’essenza più autentiche di un tipo di musica la cui storia è affascinante,  e che anche oggi ha toccato le corde più profonde del pubblico presente.
 
Fotografie e testi: Claudia Ioan e Massimiliano Tuveri

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