Spoleto-Campello, contro le donne la violenza non è un fatto privato

SPOLETO – Stalking, violenza fisica, sessuale ed economica. All’apice l’omicidio che contro le donne si declina al femminile e diventa femminicidio. Anche se secondo il report dei Carabinieri sulla violenza contro le donne questo reato, rispetto all’anno scorso, sarebbe in diminuzione, una donna ogni tre giorni ne resta vittima: ciò significa che, nonostante la Convenzione di Istanbul e la conseguente ratifica nel nostro ordinamento giuridico, assistiamo ancora a una grave violazione dei diritti umani. Come se niente fosse.
Gli eventi legati alla Giornata internazionale contro la violenza sulle donne, datata il 25 novembre, ha visto l’intervento di amministrazioni (più o meno impegnate), operatori di settore tra forze dell’ordine, centri antiviolenza e assistenti sociali, testimonianze dirette, letture di riflessione. A Spoleto si è svolto il convegno della Fidapa, la performance di Carole Magnini in una piazza del Mercato tinta di rosso e la proiezione alla sala Pegasus del film “I racconti di Parvana” con il patrocinio di Amnesty International Italia. A Campello sul Clitunno invece il convegno di incontro e dibattito alla Fondazione Loreti, con la Project Manager Raffaella Bartesaghi, e un Castello anch’esso illuminato.
Questi confronti, più che per lo srotolamento rituale di dati e di impressioni asettiche, potrebbero avere il grande pregio di tentare l’educazione al rispetto e una lotta condivisa a contrasto di un “fenomeno strutturale”. Eppure la superficialità con cui taluni sbrigativamente tralasciano il problema è aberrante, sentiamo dire ad esempio: a me non capiterà mai, non mi riguarda, perché dovrei sforzarmi di aiutare o di capire? E poi si tratta pur sempre di donne… inferiori!, anche se la loro situazione è impari, discriminata e disconosciuta. Si arriva a pensare che la violenza di genere sia voluta, necessaria a sottomettere, giusta. Ciò automaticamente, in una versione contorta di società distorta, sottrae possibilità di prevenzione, protezione e rivalsa. 
Spesso c’è anche la violenza subita o assistita di conseguenza dal minore, quel comportamento nocivo che ne altera lo sviluppo e rischia di disconoscere ciò che è giusto da ciò che è sbagliato. In modo quasi irreversibile le colpe si moltiplicano. Sussiste persino la mediazione familiare e l’affido congiunto, come se non fosse già abbastanza perverso il riscontro quotidiano con l’aggressore/partner. Tanto si sa che sono le donne a cercarsela e il linguaggio usato da media e politici distratti non fa che aumentare la diffidenza prima verso l’opera di denuncia e dopo nei confronti della pena. Per questo il lavoro di sinergia sul territorio che il personale dell’associazionismo svolge, anche quando non di rado ridotto nelle risorse, è fondamentale e richiede che la relazione con le Istituzioni sia solida. A Spoleto opera l’Associazione Donne contro la guerra con la presidente Marina Antonini e il Centro Anti Violenza “Crisalide” sotto la responsabile Adelaide Coletti che, con reale senso della prospettiva ieri hanno partecipato ad entrambe le conferenze sopra citate, riportando all’attenzione del pubblico e dei relatori il valore della sensibilizzazione costante, anche in giornate diverse da questa, e dell’azione reciproca di contrasto. Auspicabile in una visione comune, infatti, il diritto e il dovere alla vita che non dovrebbe essere relegato al momento del delitto e all’omertà che ne deriva, ma al fatto che in una società civile la violenza non è un fatto privato e la condanna, senza tentennamenti, deve essere unanime. 

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