Spoleto, il pianista François-Joël Thiollier incanta per il suo virtuosismo

SPOLETO – Si concluderà ad Arrone, in Valnerina, la seconda edizione del Festival Le correnti del Nera dedicato ai borghi e ai luoghi colpiti dal sisma del 2016. L’iniziativa nata dall’idea dell’Associazione Filarmonica Umbra per rivitalizzare il territorio, è promossa dalla Regione Umbria e dal ministero per i Beni Culturali e vi aderiscono otto città tra cui Spoleto.
Alla presenza del maestro Angelo Pepicelli, presidente della Filarmonica, e dell’assessore alla Cultura di Spoleto Ada Urbani, ieri sera 9 giugno inserito nella manifestazione Spoleto di primavera proprio per sottolineare l’amore verso una terra rigogliosa e i suoi abitanti, per ripartire e per rinascere, dopo i concerti dedicati a Haydn, Vivaldi e Beethoven, è stato ospitato al Caio Melisso il pianista franco-americano François-Joël Thiollier per eseguire ed interpretare musiche di George Gershwin.

François-Joël Thiollier

Amante prediletto della musica classica e di avanguardia con alle spalle un repertorio che va da Mozart a Liszt, da Satie a Busoni passando per Debussy e Ravel grazie al quale è stato consacrato nel suo virtuosismo in più di quaranta paesi, Thiollier ha incantato il pubblico che si è lasciato cullare nell’ascolto per nulla offeso dal gran caldo che aleggiava in sala.
L’avvicinamento a questo particolare ragtime unito alla capacità tecnica del pianista di eseguire, anche con la sola mano sinistra, i tre preludi per pianoforte solo, ben diciotto brani scelti tra cui ‘s wonderful, somebody loves me e strike up the band, replicare una versione originale del jazz sinfonico Rhapsody in blue che Gershwin compose nel 1924 commissionata per un’orchestra, suonare Un americano a Parigi da lui originalmente trascritta, ha fatto sì che il pubblico alla fine, fin dagli ordini superiori, si alzasse in piedi in visibilio.
La simbiosi con lo strumento e la naturalezza con cui, sin dai cinque anni, l’enfant prodige si dilettava in infinite ore di esercizio al pianoforte, riconoscono in Thiollier la dialettica della grandezza qui espressa con tre rientri e altrettanti inchini.
Dobbiamo a sua madre, di origini americane, la trasmissione eclettica di generi e stili differenti, come anche di Gershwin stesso, il cui repertorio ha inciso integralmente, che lei usava cantargli infinitamente. Sembra quasi di vederla seduta sulla coda del piano mentre le poltrone di velluto rosso lasciano spazio ad una sala da ballo, di quelle ancora vive nel 1943 quando Thiollier nacque. Gershwin era morto da sei anni e per tutta quella sua semi breve esistenza aveva cercato prima di imitare e poi di rielaborare le influenze pervenute dalla musica classica con quella afroamericana. Un messaggio veicolato fino ai nostri giorni che risulta essere molto attuale: la rottura di barriere razziali e culturali, la sintesi attraverso la musica di tutte le culture esistenti.

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