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Teatro oltre i confini: Giorgio Ferrara propone un festival internazionale ad Assisi e "picchia" sulla situazione del Due Mondi, Adriana Asti innamorata del palcoscenico nonostante tutto

ASSISI – Essere stato invitato come direttore della nostra testata Vivoumbria al Cortile di Francesco per moderare l’incontro sul tema “Teatro, oltre i confini” con Adriana Asti e Giorgio Ferrara è stato oltre che estremamente gratificante, piacevole e interessante, e di questa opportunità ringrazio l’Associazione Oicos e Il Sacro Convento, anche giornalisticamente fruttuoso. “E’ il momento che Assisi progetti un festival internazionale – ha infatti detto ieri Ferrara quando gli ho chiesto dei progetti futuri – forze laiche e religiose possono insieme dare vita a qualcosa di unico per rilanciare lo spettacolo dal vivo in Umbria dopo il lockdown”.

Per 13 anni alla direzione artistica del Festival dei Due Mondi, ora Ferrara pensa al futuro e lo fa mettendo in campo la sua esperienza e determinazione che ha portato alla rinascita  del Festival spoletino. E non ha mancato di rispondere a tono quando siamo tornati sull’argomento Due Mondi, togliendosi pubblicamente qualche “masso” dalle scarpe: “Sono arrivato in un momento di crisi profonda del Due Mondi, la città non sapeva se la manifestazione nata con Menotti avrebbe potuto continuare addirittura a sopravvivere. Tra gli spoletini regnavano lo scoramento e la sfiducia. Mi sono messo al lavoro assicurandomi la collaborazione di Luca Ronconi al quale devo molto della mia carriera e Bob Wilson, rimanendo nel solco tracciato dal maestro Menotti che voleva le espressioni di tutte le arti, cercando però di dare più spazio e forza al teatro. Sono riuscito a recuperare il festival e oggi posso dire che tutti i più grandi della scena internazionale in questi tredici anni sono passati di là”.

Poi l’attacco al sindaco De Augustinis: “E’ un peccato che la sorte di manifestazioni di tale portata siano nelle mani delle amministrazioni locali, con sindaci che hanno prerogative che non hanno nulla a che fare con lo spettacolo dal vivo e non ne capiscono le dinamiche. Un magistrato che può sapere di teatro?”.  E ha puntato espressamente l’indice contro quella che ritiene una inaccettabile anomalia, un insinuarsi della politica inaccettabile: “A capo delle fondazioni che rappresentano i festival di questa portata non possono starci i sindaci ma cloro che rappresentano il mecenatismo illuminato, per questo mi sono battuto affinché il ruolo fosse affidato, nel caso del Due Mondi,  a Carla Fendi”.  Quando ho sottolineato che avevo molto apprezzato nel saluto prima del concerto di Riccardo Muti il suo “arrivederci” invece che un prevedibile e anche comprensibile “addio” al pubblico, ha risposto, sorridendo: “Non si sa mai”.  I suoi auguri sono comunque andati a Monique Veateau ai quali ha unito la speranza che la neo direttrice del Due Mondi possa avere capacità di resistenza e mantenere un equilibrio fra le arti del palcoscenico, facendo trasparire che non lo convince del tutto la svolta netta che si vorrebbe riservare al festival a favore della musica,  e preservare proprio il teatro, perno fondamentale del successo di questi anni.

Straordinariamente spietata la visione di Adriana Asti nel prefigurare il futuro del teatro in tempi di Covid: “Sono tempi difficili – ha detto Asti – al punto che il teatro è all’ultimo posto dei problemi che possono avere in questa fase i nostri amministratori. Forse al penultimo. Per noi attori non verrà mai meno comunque la spinta ad andare avanti, anche con il teatro semivuoto come necessariamente sarà in questa fase. Personalmente, il teatro è la mia vita: non continuare sarebbe come smettere di vivere”.

Adriana Asti e Giorgio Ferrara hanno trascorso forzatamente il lockdown nella loro casa vicino a Todi. “Siamo in Umbria perché tornando a Roma abbiamo visto che la situazione e la gestione di questa fase delicata di ritorno del virus e davvero problematica; né abbiamo il coraggio di andare a Parigi dove di solito viviamo, perché anche lì la situazione mette paura”. “Va detto però – ha aggiunto Ferrara – che lo spettacolo dal vivo in Francia può contare su sostanziosi contributi che arrivano dai finanziamenti statali anche per il teatro privato: a Parigi ce ne sono, del resto, 150. Molto diversa la situazione in Italia – ha chiosato Ferrara – dove solo gli stabili e alcuni enti teatrali possono contare su finanziamenti a fondo perduto. Per gli altri, per le compagnie e i teatri privati, la situazione sarà durissima; basti dire che a Roma l’Eliseo per il momento non riaprirà. Serve anche una legislazione adeguata per proteggere chi lavora a vario livello nel teatro come nello spettacolo in generale;  del resto qui siamo riusciti a dire che con la cultura non si mangia”.

Possibile una chiamata a raccolta di tutti per farsi sentire? “Non è accaduto in passato – ha detto con sincerità spietata Adriana Asti – né accadrà in futuro. Questo per nostra natura e natura del lavoro che svolgiamo. Siamo individualisti di fatto”.

Ferrara aveva un padre giornalista che  è stato anche corrispondente a Mosca de L’Unità. Cosa può fare il giornalismo per aiutare a prefigurare un teatro oltre i confini?  “Farsi sentire, dire ai loro direttori ed editori che sono scomparse le recensioni, che il teatro non ha più spazio nei quotidiani, quando invece è essenziale imporre il valore della cultura” ha  sentenziato Ferrara.

Facendo la somma di tutto, argomenti niente male, no?

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