Tra le corde dell’arpa di Rachele Spingola

Tra le corde dell’arpa di Rachele Spingola

Il 25 gennaio data di nascita di Virginia Wolf, Giorgio Gaber, Etta James, Alicia Keys, Noemi, Toni Servillo, Alessandro Baricco – per citarne solo alcuni – è nata anche Rachele Spingola e l’abbiamo incontrata proprio nel giorno del suo compleanno per farci raccontare come nasce la sua passione per l’arte musicale e per l’arpa.
“Ho iniziato a suonare a quattro anni. Mio zio, Francesco Spingola, dirigeva l’istituto musicale Frescobaldi. Lui è l’unico ramo musicale della famiglia. Invitò una musicista che suonasse l’arpa, ma il concerto non andò bene, non c’erano spettatori. Decise, dunque, di fare una replica e ci andai anch’io, ero piccola e presente nel pubblico. Da lì mi sono innamorata dell’arpa, nonostante fosse uno strumento grande e che incutesse timore.
Mi iscrissi presso il conservatorio e feci circa sette anni di pianoforte con mio zio, eppure il mio amore rimaneva l’arpa. Alla fine riuscii a trovare un’insegnante, a cui devo tantissimo, Elisa Sargenti ed iniziai a maneggiare il mio strumento prediletto”.
 

 
Quale genere ti interessa maggiormente?
Adoro la musica classica, mi piace però pensare che l’arpa sia uno strumento più che moderno. Scavalco dunque i pregiudizi che ci sono intorno a questo magico strumento e lo uso per creare musica sempre nuova, innovativa e al passo con i tempi. L’arpa ha radici in tutto il mondo, nasce in Africa, sono stati trovati resti di un arco con quattro corde. Anche in India sono state create varie arpe. L’arpa consente di suonare qualsiasi tipo di musica e sa anche essere strumento solista.
Raccontaci come hai iniziato…
Ho iniziato con la musica celtica, irlandese prevalentemente, ed ancora la studio. A diciott’anni sono entrata a far parte di un gruppo che proponeva cover di De André. È stata dura integrarsi con l’arpa, ma il risultato è straordinario.
A quali artisti t’ispiri per creare la tua musica?
Oltre che a Fabrizio De André ho una passione grandissima per Luigi Tenco e Lucio Dalla, cantautore per me più importante per le parole che per la musica.
Adoro l’arte pittorica di Vincent van Gogh, mi appassionano i libri di Niccolò Ammanniti e gli scritti di Zygmunt Bauman e Friedrich Wilhelm Nietzsche, ed anche il pensiero di Eraclito. Mi influenzano i classici che mi piace rivedere e trasformare.
 

Con quali artisti hai collaborato?
Ho suonato con l’orchestra di Marco Frisina per la beatificazione di Vittorio Trancanelli. Ultimamente, insieme al grande cantautore Federico Sirianni abbiamo presentato “Preghiera in gennaio” sempre su Faber. Sono molto propensa alla fusione delle arti, ho accompagnato il pittore di Massa Martana Gianni Bagli in performance davvero interessanti. Ho collaborato anche con vari attori del territorio umbro come Giampiero Mirabassi e Claudio Massimo Paternò.
L’influenza teatrale, dunque, nella tua musica è determinante? Qual è il tuo ultimo importante traguardo?
Sì, mi sono spesso cimentata in spettacoli musicali ed ora ho creato il mio spettacolo mettendo in scena l’intero album “Storia di un impiegato”, riadattando i brani in chiave strumentale e lasciando che due attori leggessero i testi, alcuni dei quali sono i miei. Questo spettacolo è nato in carcere, dove insegno, ed è speciale il modo in cui uno strumento femminile si adatti così bene al contesto maschile.
Cosa ti ha insegnato l’esperienza di docenza in carcere?
Se ho deciso di scrivere qualcosa di mio lo devo a questa esperienza: è fondamentale la libertà di pensiero e di espressione. Tra quelle mura ho capito che è preziosa la libertà e quando non c’è si sente. Quando sei fuori ne capisci il senso profondo. Ho suonato con i detenuti e adesso i brani sono in fase di pubblicazione. Il prodotto finale sarà un audiolibro con poesie dei detenuti.
Quanto tempo al giorno suoni?
Oltre ad essere musicista sono insegnante di filosofia in un liceo musicale. Appena posso suono, diciamo che per almeno un terzo della mia giornata pizzico le corde dell’arpa.
Quante arpe hai?
Ho quattro arpe. La mia prima arpa classica è russa e non riesco a staccarmene. La seconda, che attualmente prediligo, è celtica, italiana, nata nella Val di Fiemme, fatta di abete rosso e noce, con gli anni il suono si assesta sempre di più e perciò cambia continuamente. E’ elettrica la terza arpa, la uso per la musica rock ed elettronica. L’ultima è bardica, piccolina, la porto con me nei viaggi.
 
Storia di un impiegato, progetto nel segno di Faber

 
Rachele Spingola è la quarta donna in Umbria a suonare l’arpa. L’abbiamo seguita in diversi concerti ed il momento più bello è quando le mani di Rachele si appoggiano sulle corde per determinare il passaggio dalla vibrazione al silenzio. Dopo una soave melodia l’abbraccio.

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