Tutto il bello di Paolo Belli tra note, parole, storie e una vita fatta di passioni

PERUGIA – Bella storia di belle storie. Quella e quelle di Paolo Belli. Musicista. Ma non solo. Autore, ma non solo. Presentatore. Ma non solo. Attore tra attori non attori, ma non solo. Il suo debutto a Sanremo risale al 1989. Poi ci sarebbe andato altre due volte. Negli ultimi 15 anni ha fatto ballare e divertire le “etoile”, o presunte tali, di Milly Carlucci. Per solidarietà è stato co-conduttore per tante edizioni di Telethon. Negli ultimi 5 anni, per Natale, è stato accanto alle voci dello Zecchino d’Oro. Infinite le collaborazioni: da Billy Preston a Jon Hendricks, Jimmy Whiterspoon, da Vasco Rossi a Enzo Jannacci, dai Litfiba, a Mogol, da Avion Travel a Premiata Forneria Marconi e Mario Lavezzi.
Un’evoluzione artistica costante, certamente, di pari passo con l’essenza uomo, iniziate negli anni Ottanta quando con le biciclette…dei Ladri ha cominciato a fare il giro d’Italia e oltre. Fino alle pedalate di, sold out dopo sold out, nei teatri.
Sarà così anche al Morlacchi di Perugia, il prossimo 25 febbraio, per  Moon in June, la rassegna curata da Patrizia Marcagnani, con lo show “Pur di far commedia”.

Di questo e altro, come nostra consuetudine, parliamo in questa intervista.
– “Pur di fare musica” diventa “Pur di far commedia”. Che c’è di diverso rispetto al primo spettacolo?
Che il primo si basava prevalentemente sulla musica. – Questo su musica e teatro.
– In che senso?
Alberto Di Risio, che di questo spettacolo è il regista, vedendo il precedente show per come stavamo sul palco mi disse che se fossimo stati a Broadway ci avrebbero osannati perché suonavamo con serenità, divertendoci, giocando tra di noi prendendoci in giro. Insomma, stavamo facendo commedia.
– Commedia che al pubblico piace da matti…
Non lo dico per fare lo sbruffone, ma è così. Tutte le sere una standing ovation spontanea, calorosa.
– Ma questo spettacolo cos’è?
Non è facile spiegare cos’è. Va visto, va vissuto, partecipato. Suonare lo facciamo da tempo, siamo un gruppo che sta insieme da tanti anni, ma stavolta la gente vede sul palco musicisti/attori. Che si divertono. E si vede e si sente.
– Se dovesse definire lo show con uno slogan?
The Blues Brothers in teatro. E aggiungo: se non resterete soddisfatti, vi rimborseremo.
– Si ha la sensazione che lei continui, ormai da tanti anni peraltro, a divertirsi un mondo. Qual è la molla di tutto?
Bella e complessa domanda. Me lo chiedo anche io. Ogni giorno. Innanzitutto c’è in me la consapevolezza del privilegio che ho, perché tanta gente ha più talento di me e si meriterebbe più di me.

– Talento ce l’ha anche lei…
Sì, un po’ sì. Ma ho la certezza di essere stato fortunato e quindi mi devo impegnare quotidianamente a studiare. Tutti i giorni perché voglio migliorare.
In secondo luogo non perdo mai di vista il fatto che se uno viene a vedere un nostro spettacolo, poi, quando va a casa deve poter dire: “Ho passato una bella serata”. Questa cosa mi dà un senso di responsabilità, ma anche gioia, perché poi quando torni in quella zona, in quel teatro, vedo che se una volta erano 1000 gli spettatori, la volta dopo sono 2000. Questo vuol dire che hai dato al pubblico ciò che dovevi e in cambio ti torna l’entusiasmo. Per dirla alla John Belushi, senti di essere in missione per conto di Dio. Se la devo dire tutta, mi pagano da 35 anni per una cosa che farei anche gratis.
– Con i suoi musicisti traspare un grande feeling. Da dove nasce?
E’ un altro aspetto fondamentale che si aggiunge a quelli precedenti. Riesco ad avere attorno a me dei musicisti meravigliosi, persone fantastiche e che condividono con me la stessa passione che è quella del continuare a crescere, a studiare, a misurarsi e avere il rispetto del pubblico. Con tutta l’immodesta di questo mondo, da uno a 10, posso anche pensare, di valere 10 ma a 100 non ci arrivi mai; ma se io ho 20 persone attorno a me che valgono 10, sicuramente a 100 ci arrivo, se non a 200.
– A vederla così, ora, i suoi genitori sarebbero contenti di lei?
Sì,prima di morire me lo ha detto mio padre Guido. Premessa: volevo andare al conservatorio ma lui non voleva. Alla fine me l’ha concesso a patto che mi diplomassi a una scuola professionale. In punto di morte però mi ha detto: L’unica cosa che rimpiango è di non averti detto di fare solo il conservatorio, perché non pensavo che potesse darti così tanto la musica. Gli ho risposto: Non ti preoccupare, è andata benissimo lo stesso, e tu mi hai dato una lezione di vita. Pensava al mio futuro, cosa giusta se sei un genitore. Vivo la stessa cosa oggi con i miei figli perché poi questo mio lavoro non è solo fatto di rose e fiori, ci sono stati, e ci sono, momenti difficili.
– E sua madre?
La Piera veniva sempre, sempre, sempre a vedere quando suonavo. La rimproveravo: “non è possibile che ovunque io vado tutti mi dicono ‘ho conosciuto tua madre’. E lei: ‘no, no, io non lo dico a nessuno’. Alla fine ci ridevo, nei suoi occhi leggevo l’orgoglio di un madre…groupie.
– Parentesi sulla sua esperienza allo Zecchino d’oro. I ragazzi di ieri e di oggi. Linguaggi, tensioni, generazioni diverse: 44 gatti funziona ancora oggi?
Puoi scrivere 44 gatti o La voce del silenzio; ci sono cose che arrivano e altre che non arriveranno mai. La magia della musica è perfetta per la semplicità e l’anima pura che hanno i bimbi; quindi credo che ognuno debba scrivere se dentro di sé ha qualcosa da dire, mentre è sbagliato pensare che si debba scrivere a tavolino una canzone per loro. Faccio un esempio: ero in autostrada e una macchina mi supera. La signora che era a fianco del guidatore fa cenno di fermarmi. All’autogrill scende questa signora con suo marito che aveva in braccio un bimbo. “Ti abbiamo riconosciuto – fa la donna- e il bimbo ha detto di fermarci perché ti vuole salutare e continua a dire che vuole che tu gli canti la canzone della mamma”. Non avendo mai cantato una canzone di quel tipo, accenno ‘Mamma son tanto felice’. No, fa il bimbo. Allora provo con ‘Viva la mamma’. No. Nemmeno. Poi mi viene in mente la canzone Ladri di biciclette quando canto

‘e se la banda è della malavita
di primo acchito fanno compassione
ma poco dopo mamma che impressione’.
Era questa. Morale: i bimbi hanno una loro sensibilità ben definita, si affidano a quella per decidere cosa piace loro.
– Veniamo al concerto di Perugia e alla “sua” Umbria?
Ci tengo tantissimo. Perché la mia fortuna, si sa, è quella di avere con me 7 musicisti umbri.
Stavolta ce ne sono tre, ma dico grazie a tutti: Peppe, Enzo, Gabriele, Daniele, Pierluigi, Silvia, Francesca. E’ come avessi una famiglia da allevare! E poi il mio ufficio logistico è a Spello.
C’è un binario che mi lega indissolubilmente a questo Cuore verde e non solo riferito alla musica.
– Ha suonato e collaborato con tanti: uno su tutti con cui le sarebbe piaciuto e non ha potuto?
James Brown.

Foto Federico Guberti / Damiano Guberti / LaPresse
Paolo Belli posato Foto Federico Guberti / Damiano Guberti / LaPresse
Paolo Belli posato prima di un concerto

Palato raffinato. E’ quello con il quale Paolo Belli gusta da sempre la musica e continua ad assaporare la vita.Una storia bella, di tante storie.

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