Umbria Jazz Spring, ricomincia la lotta dei "campanili"

PERUGIA – Sembra un film già visto. L’ex sindaco di Terni Paolo Raffaelli del jazz e delle polemiche con Perugia sul caso Umbria Jazz ne fece un formidabile strumento per accaparrarsi consensi in nome anche di una lotta di campanile che continua a covare sotto le cenere. Basta un soffio che la guerra di campanili riaffiora e ne fa scaturisce il fuoco dei municipalismi esasperati. Forse in questa fase di estrema concitazione politica in vista delle prossime elezioni politiche e amministrative regionali, le dichiarazioni dell’assessore comunale perugino Fioroni ai microfoni di Pasquale Punzi per Retesole, sono sfuggite ai più, ma di fatto con quelle affermazioni l’assessore ha ristabilito le condizioni per una guerra di campanili, tra l’altro anche mettendo in difficoltà anche il sindaco di Terni, Latini, che pure ha ignorato la questione, in tutt’altre faccende affaccendato (rimpasto di giunta). In sintesi l’assessore Fioroni ha sancito che l’iniziativa dell’assessore regionale al turismo e ora presidente pro-tempore della giunta regionale Fabio Paparelli di riportare Umbria Jazz a Terni è stata un’operazione fallimentare e che Umbria Jazz è ormai consolidato patrimonio perugino, al massimo condivisibile con Orvieto, ma niente più. Le dichiarazioni di Fioroni sono state ribadite il giorno seguente dall’avvocato Gian Luca Laurenzi, membro della Fondazione Umbria Jazz per conto del Comune di Perugia. Umbria Jazz, secondo i rappresentanti della municipalità di Perugia non dovrebbe varcare la soglia del territorio perugino e al massimo fermarsi ad Orvieto, dimenticando forse – è dovere ricordarlo – che Umbria Jazz Spring a Terni si è completamente autofinanziata per una somma pari a 450 mila euro con un contributo consistente della Fondazione Cassa di risparmio di Terni e le risorse di una legge regionale che porta il nome dello stesso Paparelli finalizzata allo sviluppo turistico, di cui Terni, territorio pur depresso dalla crisi, avrà pure il diritto di avere. A proposito, ma tra i compiti istituzionali dei membri della Fondazione Umbria Jazz, oltre quello di esprimere opinioni in merito alla peruginità del festival, non c’è anche quello forse ben più importante di reperire risorse per lo sviluppo di Umbria Jazz? Tanto più che lo stesso Comune di Perugia, alle prese con i problemi di bilancio, è stato costretto persino a ridurre i contributi per lo svolgimento delle clinics del Berklee College of music di Boston che ogni anno vedono arrivare a Perugia, dove permangono per due settimane, più di 200 allievi da tutto il mondo. Non sappiamo con certezza se le dichiarazioni di Fioroni e Laurenzi lascino preludere da una “progettualità” sul futuro di Umbria Jazz in vista di un quasi certo avvicendamento politico ai vertici della giunta regionale, sta di fatto che a Fabio Paparelli vanno attribuiti i meriti di aver riportato Umbria Jazz a Terni. Forse con modalità poco calibrate su una città come Terni che non ha un appeal turistico spiccato e in un periodo come quello pasquale molto esposto ai capricci del meteo, ma il tentativo di ricollocare Terni quale protagonista di Umbria Jazz e riportare il festival là dove era partito 46 anni fa, è comunque lodevole. Già in passato su Vivoumbria abbiamo analizzato le motivazioni della scarsa affluenza ai concerti di Umbria Jazz Spring e abbiamo proposto una ricalibratura del programma spostando le date del festival nel week end antecedente o in quello seguente lo svolgimento di Umbria Jazz a Perugia. E più volte abbiamo scritto in passato che il jazz tout court, come Perugia insegna, va “trainato” da eventi di altro tipo, più orientati alla musica pop o rock, pur rimanendo fermo il principio della qualità. Il nostro “consiglio” sarebbe appunto quello di organizzare a Terni un week end estivo con un evento di grande richiamo in una location dall’appeal turistico, come ad esempio, Carsulae o la Cascata delle Marmore (viene in mente Stevie Wonder a cui da anni Carlo Pagnotta dà la caccia), e possibilmente incrementare l’attività concertistica nei club cittadini per un pubblico più jazz oriented. Forse così Terni riacquisirebbe quella centralità sinora cercata invano nell’ambito di Umbria Jazz che non rischierebbe di vedere appannarsi il prestigio del suo marchio, anche se lo straordinario successo ottenuto quest’anno dalla edizione perugina svolta a poco più di due mesi di distanza dal “flop” ternano, dimostra che il marchio Umbria Jazz di cui è unica proprietaria la Regione Umbria, è più “sano” che mai.

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