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Brevetti, l’Italia rallenta. L’Umbria frena più della media

PERUGIA – Nel 2024 le domande italiane di brevetto europeo registrano una flessione del 3,5%. L’Umbria segna un calo ben più marcato, pari al -26,7%, uno dei peggiori risultati a livello regionale. Un dato che pesa, soprattutto se si considera la presenza di due atenei sul territorio. Il trasferimento tecnologico si conferma il nodo centrale. Ora è necessaria una spinta decisa per rilanciare competitività e sviluppo.


Le dichiarazioni

Giorgio Mencaroni, presidente della Camera di Commercio dell’Umbria

“Il dato sui brevetti interpella direttamente il sistema economico e istituzionale regionale. L’Umbria dispone di competenze, università e imprese di qualità, ma deve rafforzare il collegamento tra ricerca e tessuto produttivo, soprattutto a favore delle piccole e medie imprese.
La Camera di Commercio è impegnata nel sostenere percorsi di innovazione, tutela della proprietà intellettuale e trasferimento tecnologico, perché brevettare significa creare valore, occupazione qualificata e nuove opportunità di crescita per il territorio.
Serve una spinta continua e una sinergia reale tra Regione, università, sistema camerale e associazioni di categoria. La sfida è trasformare il sapere in sviluppo concreto”.

Giuseppe Tripoli, segretario generale di Unioncamere

“L’innovazione resta un fattore cardine per la competitività delle imprese. Il rallentamento della capacità brevettuale registrato nel 2024 è probabilmente legato alle forti incertezze del contesto internazionale.
L’Italia resta ancora indietro rispetto ad altri Paesi europei sul fronte dei brevetti industriali. Sarebbe quindi fondamentale individuare strumenti e modalità per favorire in modo più efficace l’incontro tra mondo della ricerca e sistema produttivo”.


Italia: una frenata che pesa

Nel 2024 l’Italia compie un mezzo passo indietro sul fronte della proprietà industriale: le domande di brevetto europeo con titolari italiani scendono a 4.612, 168 in meno rispetto al 2023 (-3,5%). Non si tratta di un crollo, ma di una frenata significativa in una fase in cui la competizione internazionale si fa più intensa e le imprese sono chiamate a difendere margini e quote di mercato attraverso prodotti e soluzioni sempre più originali.


Un Paese a macchia di leopardo

Il quadro territoriale è tutt’altro che uniforme. Il Centro Italia cresce complessivamente del +4,7% (da 664 a 695 domande), il Nord-Est resta sostanzialmente stabile (+0,6%), mentre il Nord-Ovest arretra (-7,7%) e il Mezzogiorno registra una contrazione marcata (-16,5%).
Dove gli ecosistemi dell’innovazione sono più integrati – impresa, ricerca, finanza e servizi – la tenuta è maggiore; dove il sistema è più frammentato, il rallentamento si avverte con più forza.


Settori: resistono i comparti tradizionali, soffre l’high-tech

Nel 2024 produzione e trasporti restano i settori con il maggior numero di brevetti, mentre arrivano segnali deboli dalle aree a più alta intensità di conoscenza. I comparti legati a fisica ed elettricità perdono complessivamente oltre cento domande rispetto all’anno precedente. Un campanello d’allarme: quando calano i brevetti nelle tecnologie avanzate, la sfida competitiva diventa più complessa per tutto il sistema.


Umbria, un rallentamento che fa rumore

All’interno di questo scenario, il dato umbro è quello che accende la spia rossa: -26,7% in un solo anno, con le domande che scendono da 45 a 33 (-12). È il terzo peggior calo regionale, nettamente superiore alla media nazionale e in controtendenza rispetto all’andamento complessivo del Centro Italia.
Non si tratta di una semplice oscillazione statistica, ma di un indicatore di competitività che si indebolisce, con il rischio concreto che opportunità e investimenti si spostino altrove.


Regioni a confronto: chi cresce e chi perde terreno

Tra le regioni con volumi significativi, le dinamiche positive riguardano Toscana (+15,1%), Emilia-Romagna (+7,5%), Liguria (+5,1%), Sicilia (+5,6%) e Lazio (+3%).
Sul fronte opposto, oltre all’Umbria, si registrano forti contrazioni in Abruzzo (-46,7%), Friuli Venezia Giulia (-25,2%), Puglia (-24,2%), Piemonte (-11%), Campania (-9,5%) e Lombardia (-7%), che resta comunque la prima regione per numero assoluto di brevetti.
La percentuale conta, ma ancora di più conta la continuità: quando il “rubinetto” brevettuale si chiude, riaprirlo richiede tempo e investimenti.


Due università: un vantaggio che chiede risultati

L’Umbria presenta una peculiarità rilevante: pur essendo una regione di dimensioni contenute, ospita due università, l’Università degli Studi di Perugia e l’Università per Stranieri. In teoria, un vantaggio competitivo fatto di ricerca, competenze e relazioni internazionali.
La sfida è trasformare questi asset in un flusso costante di innovazione industriale. Qui entra in gioco il trasferimento tecnologico: il ponte che porta risultati scientifici, prototipi e competenze dentro le imprese, fino al mercato.


Gli strumenti ci sono, serve accelerare

In Umbria non mancano le iniziative: l’Università di Perugia sostiene la nascita di spin-off e la valorizzazione della ricerca; il sistema industriale regionale, anche attraverso l’Umbria Digital Innovation Hub, accompagna le imprese nella trasformazione digitale; progetti come Vitality lavorano su filiere avanzate.
Se però i brevetti diminuiscono, significa che la “cinghia di trasmissione” va resa più rapida ed efficace, soprattutto per le PMI.


Il ruolo del sistema camerale

In questo contesto il sistema camerale svolge un ruolo chiave. Dintec, agenzia in house di Unioncamere e delle Camere di commercio (con Enea), opera per portare strumenti e servizi di innovazione direttamente alle imprese. A livello nazionale, i PID – Punti Impresa Digitale e i programmi di accompagnamento alla trasformazione tecnologica mirano a ridurre la distanza tra chi fa ricerca e chi produce, traducendo i bisogni aziendali in progetti concreti.


Cosa serve, ora

Non esistono soluzioni miracolose, ma scelte operative chiare: più scouting di idee brevettabili nei dipartimenti universitari; servizi rapidi e accessibili di tutela della proprietà intellettuale per le PMI; più progetti congiunti tra imprese e università su problemi concreti; maggiori spazi e incentivi per prototipazione e test; percorsi più semplici per passare dalla ricerca al prodotto.
In sintesi: meno “innovazione raccontata” e più innovazione misurata.

Un brevetto non è solo un numero: è un’idea protetta, un vantaggio competitivo negoziabile, un pezzo di export che nasce sul territorio.

Il 2024 non è una sentenza definitiva, ma un promemoria chiaro: chi torna a brevettare prima, torna a crescere prima. Per l’Umbria la sfida è trasformare un patrimonio di competenze – università, imprese e reti di supporto – in risultati concreti, visibili e difendibili sui mercati.

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