I cento anni di Alberto Sordi, l'antieroe che esalta l'italiano medio

PERUGIA – Ero bambino e ridevo. Ridevo al solo ascoltare quel vocione grosso che accompagnava le gag di Ollio che con il suo amico di avventure Stanlio ne combinava di tutte. Ridevo e ridevo ancora di quei due imbranati e soprattutto dei commenti esilaranti che scaturivano dalle più impensate situazioni. Quella voce però mi ricordava qualcosa di familiare, ma non sapevo bene cosa. Solo anni più tardi capii che gran parte di quella ilarità era provocata da Alberto Sordi e dal suo insuperabile doppiaggio. Sì, avevano ragione gli intellettuali dell’epoca quasi a vergognarsi di quell’attore immenso e scomodo: lo accusarono di essere nostalgico e qualunquista, ma nessuno come lui fu così coraggioso di fare da specchio agli italiani, provinciali e cinici, cialtroni e inaffidabili. Nella mediocrità che tarpa le ali a qualsiasi slancio ideale, di un realismo crudo che annienta ogni possibile e plausibile fantasia, Sordi è stato un’icona assoluta, tanto che con lui si posero le basi per una nuova narrazione tra il comico e il grottesco, la commedia all’italiana che per anni dominò le scene cinematografiche italiane e che creò i presupposti di un modello di entertainment tutto autartico nato dalla commistione tra canoni pop e vizi e virtù nazionali. Ma, seppure adattato alla sfera pubblico-privata dell’italiano – meglio romano medio – Sordi ha rappresentato l’impersonificazione di un archetipo attraversato dalla letteratura sin dall’età greca classica e dalla satira latina, anche se in un ambito di medietà tra la figura del vilain (cattivo) e il buono. Sordi è stato appunto l’antieroe di una romanità smaliziata che ha prodotto alcune delle pagine più significative della letteratura di ogni tempo. Non senza sussulti e improvvise ribellioni che ricollocano l’antieroe in una equidistanza tra bene e male e che ne esalta il ruolo naturale di antagonista controcorrente. Una figura complessa quella dell’antieroe di Sordi, complessa e contraddittoria che ospita dentro di sé la mediocrità del peggiore cinismo sino allo strenuo delle forze, ma che nei momenti topici ritrova una dignità inaspettata che ne esalta il frammento più importante dell’esistenza. E’ in questo doppio, in questa alternanza che si articolano alcuni dei film più belli che ci ha lasciato Alberto Sordi, dai Vitelloni a La Grande Guerra, da Un borghese piccolo piccolo, al Marchese del Grillo. Si festeggiano oggi i cento anni della nascita del grande attore con varie iniziative celebrative che ne ripercorrono l’ascesa alla più vasta popolarità tra gli anni Cinquanta del secolo scorso all’inizio del nuovo millennio.

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