Intervista a Diodato, domani in concerto a Moon in june

TUORO – Nell’ambito del “Così speciale Summer Tour” che prende il nome dal titolo del quarto album del cantautore pugliese, Antonio Diodato passerà per Isola Maggiore domani, 18 giugno, per una data di “Moon in June”, festival itinerante sulle sponde del Trasimeno a cura di Patrizia Marcagnani. Dell’album, del cantautorato, del suo approccio alla musica, ne parliamo con lo stesso Diodato in un’intervista telefonica.
Diodato, l’ultima sorpresa della tradizione del cantautorato italiano. Ti riconosci in questa definizione?
Non so se posso essere definito una sorpresa. Mi fa piacere, ma credo di essere un incontro tra mondi che ho amato particolarmente. Sicuramente c’è il cantautorato italiano, c’è anche un grande amore per la musica che arrivava dall’Inghilterra, ho amato anche molto il beat pop, il beach rock degli anni Novanta, quindi non so se questo incontro si è poi trasformato in una sorpresa nel cantautorato.
Certo, hai sorpreso un po’ tutti, soprattutto per il fatto che tradizionale è il tuo ricorso alla forma canzone, tradizionale, ma forse oggi sempre più raro, l’approccio alla realizzazione musicale con brani scritti e arrangiati in solitudine.
Credo che in qualche modo utilizzi la mia musica anche per portare qualcosa di personale, quindi almeno la parte iniziale della scrittura è una parte molto molto intima per me. Che poi però mi piace condividere con musicisti e con persone e artisti che apprezzo e che in qualche modo credo che possano aiutarmi ad amplificare molte sensazioni. Quindi c’è anche una bellissima famiglia musicale che lavora con me e che poi mi porto in giro anche nei concerti.
Rimane il fatto che il tuo è molto simile a un lavoro artigianale.
Sicuramente artigianale, un’attitudine che ho sempre amato è quella di andare a mettere tutta la cura possibile in quello che faccio e non a caso mi circondo di persone che hanno la mia stessa attitudine, quindi mi riconosco pienamente nell’artigianato.
Spaccati di vita quotidiana, momenti sospesi di riflessione nello scorrere dell’esistenza e una scrittura densa. Sono questi gli ingredienti di una formula che si è dimostrata vincente?
Credo che le canzoni siano un ponte verso qualcun altro, una mano tesa, un luogo di incontro. Quindi che sia necessario provare ad essere più sinceri possibile, e anche provare a raccontare più profondamente se stessi, perché è proprio in quei momenti che si crea un legame con qualcuno che ascolta.
Momenti di autenticità e di profondità…
C’è anche la volontà di guardare con attenzione alle cose. A volte anche con ironia, giocando con le proprie fragilità, mettendosi in discussione, sorridendo anche a quelle cose più dure che fanno parte di un viaggio che ti fanno, con il tempo, apprezzare tutto il percorso.
Non a caso nell’album “Così speciale” c’è un brano che si intitola “Vieni a ridere di me”…
Perché credo che sia importantissimo. La musica ti offre di queste occasioni, poter mettere le mani in una materia abbastanza complessa e a volte giocare con cose anche delicate e anche potersi guardare da fuori, poter raccontare quella cosa lì che in realtà poi ti fa scoprire tante persone che si ritrovano in quello che stai raccontando e quindi ti senti meno solo. A volte quelle cose condividendole diventano anche molto più leggere.
Stretto è anche il tuo rapporto con il cinema. Che vita meravigliosa nel film La dea fortuna, di Ozpetek e in Così speciale Se mi vuoi colonna sonora del film Diabolik Ginko all’attacco! dei Manetti Bros di cui sei anche attore con un cameo… 
Amo il cinema da quando ero bambino. Ho studiato cinema, mi sono laureato al Dams con una tesi sul cinema. Tutto questo ha amplificato quest’amore. Quando la musica mi ha dato la possibilità di interagire con grandi registi, per me è stato un sogno che si realizzava. Sicuramente anche la musica per il cinema mi ha influenzato molto. Nomino spesso tra le influenze Ennio Morricone.
Dal 2020 con Sanremo ad oggi sembri aver consolidato la tua cifra stilistica e forse hai confermato che la canzone ha ancora qualcosa da dare e da dire, soprattutto senza artifici.
Secondo me sì. Non credo che esista un solo modo per farlo. Credo che questo sia un momento molto vivo anche da questo punto di vista indipendentemente dai generi. C’è un buon momento di fermento. Io mi ritrovo molto in questa attitudine che seguo, ma non ho niente da ridire con chi segue strade alternative, anzi mi incuriosiscono tanto e molto spesso mi piace ascoltare.
Se dovessi scegliere tra i big della canzone italiana, chi sceglieresti come tuo massimo ispiratore?
Sicuramente Dalla e De André, ma anche, vuoi perché sono anche io pugliese, Domenico Modugno. Che mi ha insegnato qualcosa di quasi fisico. Cioè la passione che Modugno metteva che era evidente, era qualcosa che creava immediatamente un legame. Ricordo ancora la prima volta che l’ho visto in un video, ricordo che fu un incontro potente.

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