Oggi al Morlacchi Michele Riondino incontra il pubblico e ci sono buoni motivi per non mancare

PERUGIAUn’opportunità. Sicuramente un incontro da fare, per chi può. Oggi pomeriggio, giovedì 14 novembre, alle 17,30, al Morlacchi, Michele Riondino e la Compagnia teatrale in scena in questi giorni con “Il maestro e Margherita” prodotto dal Teatro Stabiile dell’Umbria, partecipano all’incontro con il pubblico tenuto da Alessandro Tinterri, docente di Storia del Teatro e dello Spettacolo e di Storia e Critica del Cinema dell’Università degli Studi di Perugia. 
Diciamo questo per due motivi: il primo è che lo spettacolo che vede la regia di Baracco, propone la lettura del testo di Michail Bulgakov in maniera coinvolgente, affascinante, spiazzante. La seconda è che Michele Riondino, oltre ad essere un grande attore, è anche una persona di spessore sotto molti punti di vista. Lo abbiamo constato in questa intervista di pochi giorni fa, realizzata per Gruppo Corriere. Leggere per credere.

Qualche mese fa, era il 12 aprile di quest’anno, lei prefigurava l’Inferno tarantino. Che diavolo è arrivato nella città in cui lei è nato?

“Non uno solo. Ha assunto varie forme. E, mi scusi, quel riferimento al 2019 è corretto ma tengo a precisare che è dal 2012 che noi, cittadini e lavoratori di Taranto vaticiniamo cose che si verificano puntualmente. Che ArcelorMittal venisse a Taranto solo ed esclusivamente per comprare quote di mercato per togliersi dai piedi un potenziale concorrente, era nelle cose”.

Satana non è propriamente ArcelorMittal…

“In base al ben noto assunto secondo cui perseverare è diabolico, lo Woland tarantino somma in sé l’atteggiamento del governo italiano negli anni, quello di un certo sindacalismo orientato verso un accanimento terapeutico nei confronti di una fabbrica che non può produrre quanto si vorrebbe. Lo aveva già fatto Riva a spese dei tarantini, tanto che se ne discute nelle aule dei tribunali”.

Cosa si deve fare?

“Non calare le braghe. Le fonti inquinanti vanno chiuse. Volete il siderurgico in Italia? Lo volete a Taranto? Bene, lavoriamo alla ristrutturazione degli impianti che risalgono agli anni ’50”.

Cosa dovrebbe fare l’anti-Satana?

“Arrivare a Taranto e smetterla con il gioco del cenerino”.

La sua nuova previsione?

“Un decreto in attesa che la patata bollente venga presa dal prossimo esecutivo”.

Veniamo a Bulgakov, Sono passati alcuni mesi dall’esordio di Solomeo La domanda resta: che diavolo di diavolo è, lei?

“Un povero diavolo – sorride -. Del romanzo di Bulgakov mi ha sempre affascinato il paradosso attraverso il quale mette in moto la macchina”.

Ovvero?

“L’idea di usare il maligno per dimostrare l’essenza del divino che poi è lui stesso a metterla in campo. Il confondersi tra il bianco e il nero, tra luce e ombra”.

Cosa c’è di suo in questo Woland?

“Ho preparato il piatto seguendo la ricetta Bulgakov”.

Cosa ne viene fuori?

“Un diavolo molto umano. Perlomeno molto meno ‘mostrificato’ rispetto a quello che sta seguendo un’idea di burocrazia e di pensiero unico ormai diventato la pantomima di se stesso. Pertanto il mio diavolo si prende gioco dell’uomo stesso attraverso giochi di parole, piccoli inganni e burlandosi dell’incapacità umana nell’immaginare e nel pensare qualcosa che la ragione non possa giustificare”.

Il risultato?

“Una sorta di iena ridens”.

Il suo diavolo, nobile impellicciato, fa molta più paura della belva che poi la metamorfosi esplicita…

“Questo mi conforta. L’intento è proprio questo. Nella seconda parte della messinscena tento infatti di scarnificare il mio personaggio fino a togliergli di dosso le ambigue sembianze umane. Noi smettiamo di temere qualcosa quando ne conosciamo l’essenza”.

A proposito di essenza: lei si è definito totalmente ateo aggiungendo che attraverso la scrittura, l’Uomo ha creato Dio a sua immagine e somiglianza piuttosto che il contrario. Rapportato a Bulgakov?

“Penso che lui abbia scritto con l’intento di restituire all’uomo la possibilità di sognare. Ha affidato a Satana il ruolo di scendere sulla Terra per riaprire nuovi orizzonti. Se oggi dovesse essere riscontrata questa esigenza sarebbe il caso che scendesse Gesù Cristo in persona”.

Gesù per fare cosa?

“Schiaffeggiare, piuttosto che porgere l’altra guancia. Ciò, proprio per il valore aggiunto che il Cristianesimo ha in sé, per la valenza religiosa ma anche sociale e politica che riveste visto l’impatto rivoluzionario del messaggio”.

Pare di scorgere nelle sue parole, specifiche influenze di pensiero. Quali?

“Oggi sto leggendo i testi di un teorico anarchico russo, Pëtr Alekseevič Kropotkin, che cerca di spiegare l’anarchismo con il darwinismo e la scienza, trasmettendo l’idea della reciprocità, della socialità dell’uomo, del mutuo soccorso. In questo senso rientra l’ateismo di cui parlavo, il mio agnosticismo. Siamo animali e in quanto tali portati ad usare una parte del nostro corpo che si chiama cervello che sviluppa ipotesi e tesi”.

Questione Meridionale. Cosa le manca di più di Andrea Camilleri?

“Quando è morto un sacco di personaggi discutibili, a corpo ancora caldo, hanno avuto il coraggio di fare polemiche e criticare i suoi pensieri. Mi spiace non sia lui a difenderli e a difendercci”.

Insomma, Michele Riondino, a domanda risponde. Tra l’altro anche in maniera disponibile e gentile. Oggi pomeriggio il pubblico ne avrà certamente la riprova.
 
Grazie a Guido Mencari per le fotografie www.gmencari.com
 

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