Vinicio Marchioni al Love Film Festival: quando un autore classico penetra l’anima contemporanea

La seconda serata del Love Film Festival ha proposto Il terremoto di Vanja (2019) di Vinicio Marchioni, un documentario sulla realizzazione dello spettacolo adattato sul testo di Anton Cechov che era stato messo in scena e interpretato proprio da Marchioni e intitolato Uno Zio Vanja. Il lavoro di Marchioni merita alcune riflessioni per la presenza di elementi di estremo interesse. 

In primo luogo ricostruisce il processo di adattamento del testo teatrale, mettendo in evidenza la relazione tra la società russa rappresentata da Cechov e la situazione dell’Italia contemporanea, simboleggiata dalle macerie dei terremoti che hanno colpito la penisola. Marchioni, a questo proposito, racconta di una visita fatta ad alcuni amici in un territorio colpito dal sisma. «Ci siamo resi conto che tutti parlavano un po’ come i protagonisti di Zio Vanja, i personaggi di Cechov», dice il regista, «cioè in un senso di solitudine e di abbandono». Ma il terremoto e le sue conseguenze sono solo la drammatica punta dell’iceberg che, secondo Marchioni, ha caratterizzato il declino del nostro paese negli ultimi anni, rendendolo così simile, nei suoi sentimenti, alla realtà russa rappresentata da Cechov. 

In secondo luogo il documentario analizza, attraverso il rapporto dell’attore-regista con l’autore russo, la possibilità che un classico ha di permanere nell’animo di un contemporaneo. Una relazione che emerge dalle lettere che Vinicio indirizza a Cechov. Sono tentativi di dialogo che ricevono risposta – almeno nella finzione cinematografica – dalla voce off del drammaturgo – interpretata da Toni Servillo – attraverso brani da sue lettere e memorie. 

Infine Marchioni riesce a gestire con la macchina da presa un ottimo rapporto con l’habitat teatrale, in modo che il processo di messa in scena riesca ad emergere in tutta la sua autenticità. Non sempre cinema e teatro si sono trovati agevolmente nello stesso mezzo, ma Il terremoto di Vanja funziona proprio perché valorizza al massimo il suo essere film e, attraverso di esso, riesce a trattare ottimamente il materiale teatrale che ha per le mani.  

Durante l’incontro al LFF6, inoltre, Vinicio Marchioni ricorda la città di Perugia e l’Umbria in generale. «Perugia mi ha portato fortuna da sempre. La mia carriera inizia lì», dice l’attore che – intervistato da Daniele Corvi – si lascia andare ai ricordi sulla città: «dopo la scuola d’attore che ho fatto a Roma, ho frequentato la scuola di perfezionamento di Santacristina di Luca Ronconi che sta lì intorno (campagna eugubina ndr) e nei tre mesi di scuola prendevamo le macchine e arrivavamo nel centro di Perugia per rilassarci un po’». Poi prosegue con gli effetti benefici della città nel lavoro artistico: «penso che sia il luogo ideale dove fare le prove, fare gli spettacoli, dove potermi concentrare». Così la proposta fatta a inizio incontro da Francesca Vittoria Renda, consigliere comunale del capoluogo umbro con delega al cinema, di ambientare un film a Perugia sembra assai fattibile. «Una provocazione che accolgo subito», dice Marchioni, «perché da questo progetto, Uno Zio Vanja e Il terremoto di Vanja], stiamo scrivendo la sceneggiatura del film. Mi sa che ci vedremo a questo punto». 

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