Corso “W. Tobagi” : a Spoleto l'inviato di Repubblica Pietro Del Re

SPOLETO – Luoghi caldi, luoghi di guerra. Pietro Del Re ha iniziato a fare il giornalista per caso, da ragazzo, “come voi si rivolge alla platea di studenti dell’Istituto Alberghiero “G. De Carolis” di Spoleto, ma gli anni Ottanta non sono più dietro l’angolo e il giornalismo, ahinoi, è cambiato in spessore e in utenza.
Il cronista, scrittore e fotografo, inviato agli esteri di Repubblica ieri mattina presso l’Oratorio della Resurrezione in piazza Garibaldi ha aperto la seconda conferenza pubblica nell’ambito della XV edizione del Corso propedeutico di giornalismo, dopo quella di Giancarlo Trapanese una settimana fa. “Sono dodici anni che partecipo al Tobagi e, ogni volta, la prima domanda che faccio ai ragazzi è: quanti di voi hanno letto il giornale questa mattina?” chiede. Nessuno di loro alza la mano, pochi per il giornale radio, qualcuno per i siti online. 
Nato a Roma, ha vissuto e studiato in Francia laureandosi in biologia, la sua terra di adozione è l’Umbria ed è qui che nella primavera scorsa è tornato per esporre le sue fotografie, a Palazzo Mauri i suoi Appunti fotografici.
La giornalista e coordinatrice del Corso Antonella Manni che moderava la conferenza ha orientato la prima domanda sul tema ambientale e sul riscaldamento globale. “Me ne occupo da prima che scoppiasse questa emergenza” inizia Del Re, “tutte le volte che vado in servizio a coprire una notizia cerco sempre di trovare un aggancio ambientalista”. Ha l’illusione o la speranza che, lo chiarisce subito, quello che scrive possa servire a cambiare le cose, fosse anche un “briciolo di coscienza” per combattere l’incuria del presente. La calma trasposta in una narrazione fluida fa sì che in principio gli studenti restino in silenzio, attenti, rapiti mentre il giornalista si racconta. Vediamo i suoi occhi agili esplorare le immagini, dedicarsi alla sofferenza (delle specie animali come degli esseri umani) quando l’inedito presente gli si impone sul taccuino. Groenlandia, Siria, confine tra Birmania e Thailandia, Congo. Scioglimento dei ghiacci, dissesto idrogeologico, guerre civili, campi profughi, storie di bambini soldato e di minori vittime di stupro. Il racconto devia l’analisi attraverso una lezione di giornalismo vero. “Io faccio il cronista che cerca di avvicinarsi e ricostruire quel pizzico di realtà che aiuta a capire”, spiega. Aveva poco più di vent’anni quando fotografò per la prima volta la morte e quante altre volte lo avrebbe fatto, quante altre le volte in cui con cura e con “implicazioni morali” avrebbe dovuto restituire quella realtà al lettore. “In guerra c’è l’esaltazione del mestiere, raccontare la sofferenza non può lasciarti indifferente” continua mentre ricompone a mente le esperienze vissute. Tasselli di tempo che per i ragazzi sembrano effimeri, tanto è vero che alla fine Manni chiede: “Questo spaccato che Del Re ci racconta, vi è noto?”, l’incoraggiante silenzio che all’inizio aveva accolto il giornalista con interesse e stupore è adesso atroce. L’abitudine dell’ascolto senza comprensione non ha rumore, così si definisce la visione di una missione che resta incompiuta e per la quale è necessario più coraggio e più fermezza di quella che si userebbe nella logistica della guerra e che il Corso Tobagi precorre: rivolgersi al giovane per rimettere al centro il valore dell’informazione. 
E a chi vuol fare il giornalista cosa consiglia? per smorzare il tono e alimentare il futuro senz’altro leggere, sottolinea Del Re. “La lettura è l’unica ricchezza che può aiutarvi nella vita”.
 

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