Fulvia Angeletti: "Per il Piccolo Teatro degli Instabili problemi di risorse, spazi, pubblico e difficoltà nella programmazione"

Il teatro si relaziona all’epoca Covid. Lo fa, da buona “palestra” di civismo, con l’intento di
confrontarsi con il pubblico sul come ripensarsi. Di certo chi lavora nel e per il teatro non è facilitato in questa missione, ma la volontà di andare oltre e di reimmaginare un futuro non manca. Anche se alcune realtà – come ad esempio quella del Piccolo Teatro degli Instabili di Assisi – vedono ridursi, anzi annullarsi qualsiasi ipotesi di programmazione per un pubblico che anche nei numeri possa garantire qualche prospettiva. Con i suoi ottanta posti scarsi che con le misure di distanziamento fisico diventerebbero venti,
è difficile ragionare intorno a un progetto vero e proprio. E’ diffusa però la volontà di reagire a questa situazione e le idee non mancano. Ne abbiamo parlato con il direttore artistico del teatro degli Instabili, Fulvia Angeletti.
Come si prospetta la situazione anche in base alle ipotesi di programmazione?
“Ovviamente – risponde Fulvia Angeletti – c’è da distinguere tra la stagione estiva e quello che si prospetta per l’autunno, perché attualmente mi trovo nella condizione di non poter programmare la stagione 2020-2021. Le disposizioni sono ultrapunitive per un settore che invece potrebbe essere regolamentato in maniera molto più agevole. Invece noi ci troviamo ad essere più penalizzati sia in scena che fuori dalla scena, sia per quanto riguarda gli attori sul palcoscenico che il pubblico in platea”.
Hai pensato a Piano B di qualche tipo?
“In realtà – detto tra noi – non resta che aspettare. Nel senso che la stagione quest’anno verrà programmata molto più avanti e allo stesso tempo rimane da stabilire con quali risorse, perché ovviamente gli enti pubblici sono a secco, soprattutto in una città come Assisi che basa la sua economia sul turismo ed ovviamente adesso è in una situazione di grave crisi. Quindi penso che, come tutti i teatri, realizzeremo progetti molto particolari. Sarà una stagione 20-21 in qualche modo off. Cercheremo di fare appello a risorse creative più che economiche, che per quanto riguarda la nostra realtà, in generale, ci abbiamo sempre fatto i conti. Poi per quanto riguarda l’estate ovviamente le possibilità sono maggiori perché rispetto alla mia realtà del piccolo teatro, ad esempio, si prospetta la possibilità di ospitare cento posti. Quindi è ovvio che io all’aperto possa garantire di avere un certo tipo di pubblico”.
Quindi per questa estate si presenta qualche prospettiva?
“Per l’estate sto cercando di programmare gli spettacoli che non sono stati offerti durante la primavera a causa del lockdown e anche proporre qualcosa di nuovo. In questo momento sono in dialogo con il Comune per capire che margini ci sono – per ora non c’è niente di ufficiale – ma il mio impegno già espresso è quello di realizzare qualcosa entro l’estate”.
Una ministagione di tre-quattro spettacoli?
“Sì, credo che non andremo oltre i tre spettacoli. Ma dal punto di vista artistico con i miei collaboratori più stretti, che sono Francesco “Bolo” Rossini e Samuele Chiovoloni, avevamo già immaginato un progetto originale nell’estate. Anche se credo che questa cosa non sarà possibile proprio per mancanza di risorse. Vorremmo realizzare una produzione originale, proprio perché essendo questo un anno così particolare, non vogliamo semplicemente fare in modo soltanto di recuperare il recuperabile o di fare solo reading o
monologhi, perché ora anche gli artisti saranno chiamati a comunicare qualcosa di nuovo, così come è del tutto inedita questa situazione. Anche il teatro non potrà più essere quello di prima proprio come rappresentazione, a prescindere dalle regole e dai limiti”.
Quindi il progetto della produzione originale è già in piedi?
“Vorremmo realizzarla, ma purtroppo non abbiamo la certezza di poterla fare. Però questo non ci impedisce di immaginare qualcosa e di poterlo realizzare entro quest’anno. Del resto la collaborazione nata lo scorso anno su un’altra produzione originale dedicata a Pierpaolo Pasolini con il contributo di Francesco e Samuele ha posto le basi per guardare oltre. E’ stata una bellissima esperienza che ha coinvolto cinquanta persone tra attori professionisti e non professionisti; tre spettacoli in tre location diverse”.
I problemi maggiori sono quindi legati alle risorse?
“Sì, le risorse e il problema della fruizione del pubblico e anche quello degli attori in scena. Le ultime regole stabiliscono che gli attori devono andare in scena con i guanti, tanto per fare un esempio. Una questione paradossale. Senza contare che il settore della cultura è sicuramente il più penalizzato, l’ultima ruota del carro. Siamo gli ultimi a ripartire e ovviamente quella del 15 giugno, quando tutti i teatri cono chiusi, è una data di facciata”.
Dunque, guardando al futuro, vedi solo nuvole nere in cielo?
“Beh, onestamente non vedo molte prospettive, ma credo anche nella forza dell’arte e del teatro. Personalmente ho uno spirito combattivo e credo che questa sia solo una fase di sofferenza dalla quale poi in qualche modo risorgere, Nel frattempo stiamo cercando di reagire. Ad esempio abbiamo ripreso a programmare i laboratori teatrali, abbiamo già avuto l’autorizzazione a lavorare all’aperto, nel Bosco di San Francesco. Ovviamente in questo caso non è una vera ripresa, ma l’iniziativa assume il profilo di un regalo – il Teatro degli Instabili insieme ai docenti Samuele Chiovoloni, Caterina Fiocchetti e Giulia Zeetti – che vogliamo fare ai nostri allievi”.

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